Barbara Riccardi, un’insegnante da Nobel

Intervista all'unica finalista italiana al Global Teacher Prize

Il suo motto è “Si può fare!”, una frase che le ha portato fortuna, perché l’insegnante romana Barbara Riccardi ce la sta facendo davvero passo dopo passo a cambiare qualcosa nel modo di insegnare, partendo dagli alunni della scuola dove lavora I.C. Frignani di Spinaceto. Questa sua voglia di dare vita a “una scuola possibile” è stata premiata da colleghi e genitori che hanno fatto il suo nome per la candidatura al Global Teacher Prize, il Nobel degli insegnanti, dove è arrivata in finale – come unica docente italiana – insieme a personalità importanti di tutto il mondo.

Abitare A Roma ha voluto conoscere da vicino Barbara Riccardi, che per diversi anni è stata anche residente a Tor Tre Teste, per capire come un’insegnante di periferia sia arrivata fin qui e per farci dire da chi lavora all’interno della scuola di cosa realmente serve a questa istituzione per diventare migliore.

Come sei arrivata tra i cinquanta finalisti del Global Teacher Prize, il Nobel degli insegnanti?

67163f79-4efa-4075-893c-e1ee4855033eGrazie a questo riconoscimento, voluto da Sunny Varkey, fondatore della Varkey Gems Foundation, e sostenuto dall’Unesco, qualcuno ha puntato i riflettori per far uscire dall’ombra noi docenti che facciamo delle nostre scuole il trionfo della qualità didattica in tutto il modo. Finalmente qualcuno ha reso noto quanto lavoro esista dietro al mondo dell’educazione e del fare cultura. Qualcuno che si è reso conto del valore e dell’importanza che ha la scuola in una società che si deve evolvere umanamente e socialmente per essere competitiva sul lavoro, a garanzia di un’economia giusta per tutti.

Qualcuno ha fatto il mio nome, e per questo non finirò mai di ringraziarlo, e grazie alla mia capacità di tessere relazioni, fare rete e realizzare progetti in gemellaggio con altre scuole di altri paesi e le mie tante esperienze professionali e personali nei più variegati campi, tutto questo ha fatto di me uno dei 50 docenti prescelti per la finale.

Con quale collega-candidato vorresti interagire? 

Tutti, non escluderei nessuno proprio perché ognuno di noi è una valenza, ognuno può mettere a disposizione degli altri le proprie esperienze e le proprie idee per la costruzione e la giusta visione del mondo della scuola, per rendere il meglio dove ognuno è parte del sistema di cambiamento di una qualità sempre maggior per i nostri ragazzi cittadini del mondo di domani, abili uomini e donne imprenditori prima di tutto di loro stessi. Le differenze sono la forza per essere la migliore compagine per il cambiamento verso un mondo migliore nel segno della pace.

Che alunna è stata Barbara?

Da piccola a scuola andavo male perché non mi interessava molto quello che si faceva in classe, anche se dalle Salesiane mi divertivo, si giocava molto, c’erano spazi per fare tante attività: musica, teatro, sport e anche la maglia e l’uncinetto in cui ero negata e chiedevo sempre alle mie compagne di fare loro il lavoro per me. Il mitico oratorio è il luogo e il momento storico che ha seguito la mia crescita.

La mia idea di insegnamento viene da lì, dai ricordi di me bambina: imparare con allegria, usando immaginazione, gioco per evitare che mi annoi. Creo reti di collaborazione dentro e fuori dalle aule, con le famiglie, il quartiere, le scuole di altri paesi stranieri, perché lo scambio sia a tutti i livelli, dove ognuno mette in campo le proprie competenze a favore della crescita e del miglioramento della comunità. E’ proprio questo faccio a scuola, nella nostra piccola comunità scolastica dell’I.C. Frignani – Spinaceto, quartiere di periferia di Roma, dove i ragazzi hanno solo le scuole, la Biblioteca comunale e il Teatro XII dove aggregarsi e fare cultura.

E’ davvero così dura come dicono insegnare in una scuola di periferia?

Lavoro a Spinaceto per scelta, come tanti altri colleghi che, come me, non abitano nel quartiere, ma come dice il famoso Moretti: “Spinaceto niente male, anzi meglio” e quello che ci accomuna: la voglia e la passione con cui realizziamo il nostro habitat dove fare didattica e cultura. Spinaceto è stato il trampolino della mia crescita professionale e personale dove ho potuto sperimentare le mie capacità mettendomi in gioco in prima persona grazie soprattutto alla Dirigente Scolastica che ha mi ha dato fiducia, creando insieme i vari tasselli e passaggi di ogni fase progettuale all’interno dell’Istituto. E’ così che si possono superare degli ostacoli dovuti alla mancanza di “possibilità materiali”, grazie alle sinergie di alleanze come quella scuola/famiglia, Protezione Civile ed Istituzioni e tra colleghi in continuità educativa. La rete dei rapporti è il giusto compromesso per realizzare e fare delle cose di qualità e sopperire alle mancanze.

Come nasce questa voglia di coinvolgere i piccoli alunni in progetti così importanti?

La mia idea di fare scuola possibile è comune a tanti altri docenti e colleghi che, come me, cercano di catturare l’attenzione degli alunni, di coinvolgerli attraverso nuove forme di comunicazione più a loro portata e di immediata lettura. Attraverso i progetti faccio scuola mettendo i bambini con le loro competenze ed abilità al centro delle lezioni, partendo dalle loro esigenze cercando di includere tutti e per questo mi ritrovo molto nelle Nuove Indicazioni Nazionali e le 8 competenze chiave che sono gli stessi miei obiettivi che perseguo con/per i miei ragazzi in un cammino di crescita parallelo, condiviso e comune, loro e mio.

Utilizzo quello che mi piace fare e quello che faccio fuori di scuola e lo porto a scuola, come i lavori della vita reale, li faccio sperimentare e ricercare, provare e cercare risposte e soluzioni. Il successo, è renderli autonomi, consapevoli e critici nei confronti di sistemi e letture, sicuri di loro nell’affrontare il nuovo nelle situazioni in divenire, come può essere appunto un progetto in gemellaggio con un altro paese, dove il confronto è costruttivo, nel passaggio delle Buone Pratiche per percorsi di crescita che sostengono i ragazzi nel sapersela cavare in ogni situazione. Questo è quello che reputo una didattica arricchente, positiva e reattiva, fatta di continua ricerca e sperimentazione nell’adottare sistemi di apprendimento efficaci per essere efficienti nel raggiungere ognuno i propri obiettivi di vita.

Hai mai avuto problemi o sei stata ostacolata da qualcuno quando decidevi di proporre questi nuovi metodi di apprendimento?

All’inizio gli stessi genitori appena entrano in contatto il mio modo di essere, non essere la solita docente e del mio stile nel fare didattica entrano in confusione, si chiedono e chiedono rassicurazioni, da qui l’importanza fin da subito di creare un patto educativo solido e ben pensato da parte di tutti gli attori principali dell’azione educativa, delineando gli stessi obiettivi e le stesse modalità di intervento che dobbiamo perseguire parallelamente, come dicevo. Non sempre è facile essere fuori dal coro, ma se intorno si hanno colleghi di team classe come ho e non solo loro anche gli altri, aperti alla creatività, al gioco e al confronto tra di noi, innovatori di sistemi che possano essere il più inclusivi possibili in un dialogo aperto nel creare percorsi alternativi non esclusivi ma di qualità, quando ogni singolo personaggio che ruota intorno alla scuola: collaboratori scolastici, portieri, segreteria, cuoche, ditta delle pulizie, istituzioni e associazioni del territorio hanno la stessa visione non per ultima ma è la principale pedina del successo, se dalla stessa parte di noi docenti troviamo anche un Dirigente Scolastico dallo stesso nostro stile operativo e dallo stesso pensiero educativo “possibile”, la Dott.ssa Serenella Presutti, allora questo è fare bingo e le cose avvengono di conseguenza, certo nulla è semplice e facile, ma come diceva la mia maestra: “Volere è potere!”

Qual è il progetto che ti ha dato maggiore soddisfazione?

Ogni progettualità a suo modo ha contribuito alla mia crescita personale e professionale, ognuno è parte di me e della mia capacità di creare “eventi” mettendo insieme i pezzi di esperienza che ho fatto, unendo le persone ne faccio appunto dei progetti per far fare esperienze e dove i ragazzi si possono sperimentare direttamente in campo.

Un mio amico dice sempre: “Che evento ci ha preparato oggi?” Vivo con il pensiero positivo ogni momento, per il mio modo di amare la vita a tutto tondo, applico il mio spirito di trovare e ricorrere alle soluzioni contro le lagnanze, mi attivo, mi adopero e mi aziono. Quindi ogni cosa che ho realizzato e realizzo è come se fosse un piccolo giardino che con cura ho messo su e che ogni albero, anche di quelli nati spontaneamente fuori dal cortile per contaminazione diretta e per emulazione, hanno prodotto i loro frutti diversi ognuno da tutti gli altri ma che insieme, nella loro diversità rendono il giardino il più bello che c’è. Queste, noi della scuola, le chiamiamo: soddisfazioni.

1445581_giannini_riccardi_1Se fossi il futuro Ministro dell’Istruzione, cosa cambieresti nella scuola italiana?

“Come mai ogni volta che c’è un cambio di rotta si parte sempre da zero, non si potrebbe per una volta iniziare da tre, dalle cose buone e giuste che nella scuola funzionano, senza toccarle e rivedere invece tutto da capo?”. Partire da questa riflessione in un tavolo aperto al confronto sulle Buone Pratiche con i diversi paesi prendendo quello che c’è di buono del nostro sistema scolastico, uno dei migliori didatticamente e, prendendo quello che c’è di buono dagli altri. Investirei nella cultura e nella formazione, chiavi del futuro in una forma più ampia per uno sviluppo sociale e del capitale umano per realizzare comunità europee sempre più allargate ed inclusive dove ognuno può dare il proprio contributo, aprendo luoghi di aggregazione e formazione “possibili” con persone “possibili” per aprire Scuole Possibili nel mondo.

Il mio motto è quello della redazione della rivista di cui faccio parte “La Scuola Possibile” è: “Si può fare!” dalla quale si possono trarre spunti e riflessioni da cui partire per essere possibili per contaminare e lasciare traccia.

Cercherei anche di valorizzare il più possibile quella che è la professione di noi italiani docenti nel mondo, terreno da cui nascono i futuri scienziati, i futuri ricercatori, da cui nasce il futuro che, per essere migliore, ha bisogno di cure e di essere al centro di interesse con tutti i suoi artefici che lo attivano equiparando l’entrata economica con gli altri paesi nel rispetto del multitasking di impegni e di ruoli che oggi noi docenti insieme ai Dirigenti Scolastici e alle segreterie siamo chiamati ad assolvere per essere imprenditori del funzionamento qualitativo veramente inclusivo dei nostri luoghi di cultura. Chi è felice produce felicità!!


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