

L’aggressione di Putin all’Ucraina ha riportato bruscamente in primo piano, tra le altre cose, la questione energetica. Ancor prima essa era resa drammatica dai cambiamenti climatici e ultimamente dall’impennarsi del prezzo del gas e del petrolio. All’ultimo G20 i grandi del mondo – anche se con diverse contraddizioni e remore – avevano deciso di ridurre l’incremento del riscaldamento terrestre a 1,5 gradi. In Europa si sta puntando sulle energie rinnovabili per emanciparsi da quelle fossili (carbone, petrolio, gas). Tutto avviene tra contraddizioni, remore e “finte” ambientaliste bollate da Greta Thunberg come “blà, blà, blà” che non è qui il caso di esaminare in dettaglio ma che bisogna tenere sempre presente.
Un mese fa, nell’impianto europeo Jet (Joint European Torus), il più grande e potente tokamak in funzione al mondo situato a Culham, nel Regno Unito, alle porte di Oxford, gli scienziati, tra cui alcuni italiani coordinati dall’Enea, hanno ottenuto con la fusione nucleare 59 Mj di energia per cinque secondi. Lo stesso impianto nel 1997 ne aveva prodotto 27 per quattro secondi. La Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), Maria Chiara Carrozza, ha commentato: “I risultati che oggi vengono annunciati attestano il raggiungimento di un obiettivo estremamente importante”, perché confermano che “è possibile ottenere elettricità da fusione”. Si tratta, ha osservato, di “un passo cruciale verso la produzione in futuro di energia abbondante ed eco-sostenibile”. Tony Donné, direttore responsabile del programma europeo sulla fusione nucleare Eurofusion, ha entusiasticamente commentato il risultato: “Se possiamo mantenere la fusione per cinque secondi, possiamo farlo per cinque minuti e poi per cinque ore nelle macchine future”.
L’energia da fusione nucleare sarebbe indiscutibilmente vantaggiosa: inesauribile, sicura e in grado di emancipare le nazioni da quelle che possiedono i giacimenti energetici fossili disinnescando molti motivi di guerre e conflitti. Infine, ultimo ma non per ultimo, risolverebbe il problema dell’energia pulita che tanto angustia l’umanità posta di fronte al dramma dei cambiamenti climatici. Non a caso tutte le grandi e medie potenze, dalla Cina agli Usa, dalla Russia all’Europa – che come potenza politica tanto grande al momento non è – dall’India al Giappone alla Corea, sono in corsa per produrla. Negli Stati Uniti anche i privati stanno concorrendo. Gli ostacoli sono grandissimi e derivano principalmente dall’enormità degli investimenti necessari per la ricerca e per realizzare impianti complessi in grado di soddisfare la domanda energetica e di rimpiazzare le energie fossili inquinanti: petrolio, carbone, gas, nucleare (scorie radioattive). L’altro problema è che gli esperti prevedono che l’energia da fusione nucleare sarà pronta nel 2050. Per quell’epoca, come già accennato, il riscaldamento globale dovrà essere contenuto entro la crescita di 1,5 gradi. Per ora si può puntare solo sulle energie rinnovabili: vento, sole, biomasse.
Dopo l’aggressione di Putin all’Ucraina, con tutto quel che ne è seguito e seguirà, l’Europa e l’Italia stanno cercando affannosamente di emanciparsi dal gas russo per evidenti ragioni strategiche.
Può succedere, tuttavia, che sotto la spinta a ricercare energia pulita proveniente anche dagli avvenimenti geopolitici (aggressione di Putin all’Ucraina), la sperimentazione e la messa in produzione dell’energia prodotta dalla fusione nucleare possano essere accelerate come è successo per i vaccini contro il Covid 19. Ex malo bonum (Dal male viene il bene) direbbero i latini o, come dice il proverbio popolare, “la necessità aguzza l’ingegno”. Infatti, Draghi in Parlamento ha parlato di un primo reattore a fusione già nel 2028. Almeno c’è da augurarselo.
Il vecchio Marx scriveva in “Per la critica dell’economia”: “L’umanità non si propone se non quei problemi che può risolvere, perché, a considerare le cose dappresso, si trova sempre che il problema sorge solo quando le condizioni materiali della sua soluzione esistono già o almeno sono in formazione”. E una di queste condizioni è la scienza. Nella storia il ruolo della ricerca scientifica e delle scoperte tecnologiche ai fini della produzione economica, e non solo, è stato sempre di primo piano e, quindi, ha inciso profondamente nello svolgimento della vita umana. Non sempre i pensatori di scuola marxista vi hanno prestato sufficiente attenzione, ostacolati da una visione a volte dottrinaria della lotta di classe che li ha allontanati dal più fecondo e complessivo pensiero inerente al marxistico materialismo storico e storicista.
L’esperimento di Culham potrebbe avere la stessa epocale importanza degli esperimenti di fissione nucleare operati negli anni ’30 del secolo scorso. Tra cui quello italiano del 1934 dei “ragazzi di via Panisperna” (Fermi, Pontecorvo, Amaldi, Segrè, Majorana ecc.). Purtroppo l’uso del nucleare iniziò con la bomba atomica americana che distrusse Hiroshima e Nagasaki e in seguito fu prevalentemente guerresco – “equilibrio del terrore” fondato sulla deterrenza atomica – con la minaccia nucleare che sovrasta ancora l’umanità, come si evince dai drammatici avvenimenti ucraini. L’uso pacifico dell’atomo per produrre energia si è dimostrato vieppiù problematico e non privo di controindicazioni.
Certo la scienza, come si sa, non è neutra. Dipende dall’uso che se ne fa e che entra nelle contese economiche e geopolitiche fra le nazioni e le grandi potenze planetarie. Contro scoperte scientifiche che potrebbero emancipare l’umanità da tanti condizionamenti e da tanti mali, si ergono gli interessi di chi, come nel caso dell’energia prodotta dalla fusione nucleare, se ne potrebbe sentire colpito o solo svantaggiato. Ma l’interesse prevalente anche in campo capitalistico dovrebbe spingere in senso positivo, sempre che la produzione di energia da fusione nucleare risulti essere a buon mercato rispetto alle fonti fossili. Questo è un problema che riguarda anche le energie da fonti rinnovabili. Molti economisti e i portavoce di lorsignori, di una parte almeno di lorsignori, esprimono dubbi, scetticismo e contrarietà a ogni piè sospinto. La cultura antiprogressista della destra più retrograda fa sentire la sua scettica ostilità anche nel campo ecologico e ambientale dedita com’è a fare sempre i conti della serva e a guardare ai provvedimenti ambientalisti come costi inutili ed esorbitanti. Da costoro solo quelli del nucleare sono magnificati.
Dimenticano che nel calcolo economico va annoverato anche quello ambientale. E da questo punto di vista c’è sicuramente una convenienza.
Quella della vita umana e della sua sopravvivenza. Sempre che si esca vivi dalla guerra avviata da Putin in Ucraina.
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