Il Piano regolatore di Roma non è intoccabile

Rivederlo è doveroso alla luce delle nuove esigenze ambientali e della transizione ecologica

L’intervista a “la Repubblica” dell’assessore Veloccia sul futuro del “Pratone” di Torre Spaccata, di cui ci siamo già specificatamente occupati su questo giornale il 15 scorso, ha avuto l’indubbio merito di riportare alla luce la questione, storicamente sempre centrale a Roma, della politica urbanistica e del Piano regolatore generale (Prg). In un’intervista a Roma Today il 19 aprile scorso, l’assessore ha ulteriormente precisato il suo pensiero chiarendo che l’amministrazione punta a rendere inedificabile i 2/3 del “Pratone” e di concentrare nell’altro terzo le cubature previste di 600.000 mc. attorno al progetto, ancora sconosciuto, del potenziamento degli Studios di Cinecittà. Inoltre alla proprietà del “Pratone”, Cassa Depositi e prestiti (Cdp), l’amministrazione chiederà di cedere gratuitamente alcuni pezzi di terreno di cui è ancora proprietaria dentro l’area di Centocelle consentendo, dice Veloccia, di “costituire il terzo stralcio del nuovo costituendo parco” che dovrebbe essere riconnesso linearmente, in un continuum ambientale e storico-archelogico, al “Pratone”.

Esclude altresì “variante” e “esproprio” dell’area perché, dice, non realistici. E da quest’assunto, esclusione della variante, vorrei partire perché, in generale e in linea di principio, irrealistico è proprio l’assunto medesimo di Veloccia.

Dovrebbe essere chiaro ai più che ogni Prg risente del clima culturale e politico in cui viene redatto e delle idee in quell’epoca dominanti anche se la durata dello strumento urbanistico va oltre nei decenni e mentre esso è in vigore spesso le idee cambiano anche radicalmente con il cambiamento dei tempi. L’unica cosa che non cambia sono gli interessi della rendita fondiaria con cui a Roma, salvo brevi eccezioni (Nathan, Petroselli), la politica ha sempre fatto i conti genuflessa.

Il Prg del 1965, per esempio, fu redatto sulla previsione che Roma sarebbe diventata una metropoli di cinque milioni di abitanti. Si fecero perciò previsioni edificatorie commisurate a quel numero che ancora, in parte, ci portiamo appresso. Ci fu in quel piano anche qualcosa di buono: l’asse attrezzato. Cioè il tentativo di portare la direzionalità pubblica fuori del centro storico per collocarla nel quadrante orientale: Centocelle e Torre Spaccata, Pietralata, Eur con 40 milioni di mc.. Poi l’“asse” divenne SDO con i suoi quattro comprensori con cubature dimezzate, Centocelle-Torre Spaccata, Casilino, Pietralata, Tiburtino che, a sua volta, fu via via dismesso, sebbene richiamato nella legge per Roma capitale primo firmatario Cederna 1990, anche perché intorno, nel frattempo, era andata densificandosi la periferia costruita con i suoi grandi quartieri dormitorio residenziali. Stavamo, allora, dentro l’epoca fordista da cui, negli anni ’90, ne stavamo appena uscendo per entrare a vele spiegate in quella digitale dominata dal computer e dagli smartphone.

Inoltre, tanto per la storia, al Prg del ’65 furono apportate, nel corso degli anni, varianti generali e specifiche per adeguarne le previsioni alle disposizioni legislative nazionali e regionali nel frattempo intervenute, oltre a numerose varianti di normativa, nonché per il recupero urbanistico, per la realizzazione di opere pubbliche ecc.. La prima fu varata appena due anni dopo la sua approvazione. Nel caso del Prg che ci governa, sono passati 14 anni, e che anni!, dal suo varo e forse sarebbe il caso di rimetterci mano.

 

Nel decennio di fine secolo cominciavano a imporsi le idee ambientaliste ma si stava anche nel mezzo della globalizzazione neoliberista e guai a mettere in discussione le magnifiche sorti e progressive del mercato. Come fare? La politica romana del centrosinistra rutelliano trovò la formula per salvare la capra della speculazione insieme ai cavoli ambientalisti: “Pianificar facendo” e “urbanistica contrattata”. Solo che la capra si salvò mentre i cavoli appassirono. Il Prg degli anni duemila risentì di questa impostazione liberista, compromissoria e sottomissoria alla rendita. Il cavallo di Troia furono le compensazioni varate con la “variante delle certezze” del 1997 e assunte dal Prg del 2008. Inoltre, la cosiddetta “urbanistica contrattata”, versione prosaica dell’ossimoro del “pianificar facendo” rutelliano, fu spregiudicatamente usata dal centrosinistra diventato veltronista con l’uso a go go degli “accordi di programma” che ulteriormente inficiavano il Prg in senso liberista e antiambientalista mentre lo si stava redigendo. Quanto all’ “urbanistica contrattata”, cosa in sé ovvia perché in qualsiasi altro campo della vita reale si svolge una “contrattazione” fra interessi diversi e spesso contrastanti, gli amministratori rutelliani e veltroniani si dimostrarono pessimi contrattatori con gli interessi fondiari e speculativi perché l’interesse pubblico venne piuttosto maltrattato.

Frutto venefico di quel Prg furono le famigerate “centralità” urbane e metropolitane, una ventina che dovevano aggiornare le intenzioni di realizzare una città policentrica. Ma talmente troppe da risultare controproducenti rispetto al fine conclamato e divenute, per lo più, foglia di fico a copertura di ingenti interessi speculativi. Milioni di mc., nell’ambito dei ben 70 previsti complessivamente dal Prg, che avrebbero dovuto riqualificare i quartieri circostanti delle periferie al suono sempre più acuto della crescita del Pil.

 

Oggi le cose sono di molto cambiate, per non dire rovesciate. Il pensiero unico neoliberista ha subito molte incrinature. A infliggerle è stata la realtà dei fatti che impone a tutti di cambiare strada. Alla luce delle nuove esigenze ambientali, derivanti principalmente dai cambiamenti climatici, e della transizione ecologica, rivedere il Prg sarebbe doveroso oltre che saggio

In VII Municipio vi sono quattro grandi aree: Romanina, il “Pratone” di Torre Spaccata, l’area agricola di Anagnina, i trentacinque ettari di proprietà del comune di Frascati intorno al Terminal della metro. In tutto, secondo il Prg,, circa 2.280.000 mc..

L’unica vera centralità “urbana e metropolitana”, guarda caso non prevista dal Prg, dovrebbe essere proprio l’area intorno al terminal di Anagnina già servita dal ferro della metro A. Il resto andrebbe ripensato: Romanina, perché la vera “centralità” da quelle parti già c’è ed è Tor Vergata, come fece debitamente osservare fin dall’inizio la Comunità Territoriale, e Torre Spaccata perché la vocazione archeologico-ambientale complementare a Centocelle è andata consolidandosi nel tempo e nella coscienza dei cittadini.

Siccome il clima neo liberista da cui sorse il Prg si è rovesciato, almeno nelle parole correnti, e oggi si parla di transizione ecologica, di “consumo di suolo zero” di “rigenerazione urbana” del costruito ecc., logica vorrebbe che si pensasse, non solo per il VII Municipio, ma per tutta Roma, a una bella variante al Prg che avesse al centro queste nuove esigenze e sensibilità ambientaliste. Diminuendo le cubature previste in altri frangenti e dimostratesi in seguito illusorie e controproducenti. Insomma, una sorta di nuova “variante delle certezze”, solo che questa volta, a differenza di quella del ’97, le certezze dovrebbero essere per l’ambiente e l’ecologia non per la rendita speculativa. Non è mai stato chiarito, a proposito del “consumo di suolo zero” tanto in voga fra i sostenitori del centrosinistra dopo gli abomini urbanistici della destra di Alemanno, da dove cominci questo “zero”. Da dopo aver esaurito tutti i famigerati 70 milioni di mc. o, cum grano salis ovviamente, da subito? Gli attuali amministratori comunali dovrebbero chiarirlo, se ancora ne sono sostenitori.

 

Su tutta questa materia sarebbe interessante sapere qual è il pensiero degli amministratori municipali e anche dei gruppi di opposizione. Un pensiero serio e lungo non le solite sparate demagogiche fatte per conquistare qualche voto.

Il sospetto – perché come diceva Andreotti a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca – è che gli amministratori del Pd, non avendo fatto nessuna autocritica seria sul passato delle loro giunte comunali – tentino di nuovo, come fecero allora, di spacciare cemento sotto vesti ecologiste e ambientaliste. Solo che stavolta i cittadini, come si dice a Roma, sono un po’ più “scafati”.

A cominciare da quelli del VII Municipio.


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