“Il rumore dei tuoi passi” di Valentina D’Urbano:la storia di Bea e Alfredo come un fiore che nasce nel cemento.

Intervista alla scrittrice di Casal Bruciato che narra la vita di due giovani imprigionati nella periferia.

"Un’amicizia che cresce fino a diventare un amore selvaggio. Un legame ruvido come vetro spezzato, due vite fragili stanno per cambiare". In queste poche righe stampate sulla quarta di copertina si riassume la trama de "Il rumore dei tuoi passi" (Longanesi 2012, pag.319 E.12.66), il romanzo d’esordio di Valentina D’Urbano. La giovane illustratrice di libri per l’infanzia ha deciso di cimentarsi come scrittrice, prendendo parte al concorso lettario "Io Scrittore", dando vita ad una storia del tutto insolita per un’esordiente. 

Valentina racconta, attraverso uno stile crudo e diretto, la storia di Bea e Alfredo due ragazzi nati e cresciuti in un quartiere che lascia poco spazio ai sogni imprigionando i suoi abitanti tra palazzi occupati e una situazione di degrado senza via d’uscita. Proprio questa sensazione di chiusura verso la metropoli porta gli stessi a soprannominare il quartiere "La Fortezza". 

Questa maniera di vivere la conoscono molto bene Bea e Alfredo, conosciuti come "i gemelli", che nella Fortezza si incontrano e scontrano finendo per rimanere intrappolati in una relazione violenta e morbosa, dove non possono  l’uno fare a meno dell’altro. Un sentimento che provoca solo dolore generato anche dal contesto in cui questo prende vita, perchè quando nasci nella Fortezza niente e nessuno riuscirà mai a tirarti fuori da quelle mura. 

L’autrice riesce a catturare il lettore coinvolgendolo nella vita dei protagonisti con una grande capacità di parlare di argomenti duri, quali degrado e droga, senza forzare la mano e usare stupido clichè da cronaca nera. Ma semplicemente raccontando la parte più sinistra del quel quartiere in cui vive, Casal Bruciato, un tempo molti simile alla Fortezza luoghi che adesso rimangono solo nelle vecchie fotografie e nei racconti di chi quegli anni c’era. 

Abbiamo incontrato Valentina D’Urbano per farci raccontare qualcosa di più del suo romanzo e dei problemi della vita di periferia 

Valentina, perchè una giovane illustratrice di libri per bambini decide di buttarsi nel mondo affollato degli scrittori narrando una storia d’amore e vita così drammatica? 

Perché mi piace il racconto in ogni sua forma. Mi piace raccontare delle storie, che sia attraverso immagini o attraverso le parole. Spesso l’ho fatto per i più piccoli, poi ho sentito il bisogno di farlo anche per i grandi. È così che è nato “Il rumore dei tuoi passi”. È l’altra faccia della medaglia.

Degrado, violenza e droga: perchè parlare di tutto questo attravero una storia d’amicizia e d’amore di due ragazzi?   Questa domanda in realtà la porrei al contrario “Amicizia e amore: perché parlare di questo attraverso una storia di violenza e degrado?”Perché spesso i luoghi inospitali e le situazioni estreme fanno risaltare ciò che c’è di più bello, che magari in un contesto più umano verrebbe sicuramente nascosto: come un fiore che nasce nel cemento   Se dovessi presentare i due protagonisti Bea e Alfredo ai lettori quali parole useresti?   Bea e Alfredo sono due disgraziati, capaci di sentimenti fortissimi e purissimi, e altrettanto incapaci di dimostrarli. Spesso sono meschini ed egoisti, ma più si sforzano di mostrarsi cattivi più il mondo in cui vivono li massacra senza pietà. Più che rabbia, fanno una gran tenerezza.   La "Fortezza", il non luogo dove crescono Bea e Alfredo diventa quasi co-protagonista della storia  per quale motivo hai deciso di non collarlo geograficamente? Da cosa prende vita la scelta di questo nome?   La Fortezza è un nome di pura fantasia. Volevo un nome che esprimesse un senso di chiusura e di isolamento, ma anche di sicurezza e protezione. Sono questi i sentimenti che provano gli abitanti della Fortezza verso il loro quartiere. Ho deciso poi, di non dare una connotazione geografica precisa, perché sono convinta che in ogni posto del mondo esista una fortezza, ed è giusto che ognuno se la immagini dove vuole.   Hai dichiarato che questo romanzo ti è stato ispirato dal quartiere dove hai vissuto la tua adolescenza, di quale quartiere si tratta e come ha segnato la tua vita?   Sono nata e cresciuta (e vivo ancora!) a Casal Bruciato, un quartiere che negli anni ’80 era molto simile a quello che descrivo nel romanzo. Adesso però quel quartiere non c’è più, vive solo nelle vecchie fotografie e nei racconti di chi quegli anni li ha vissuti, ma comunque la sua ombra rimane: un posto può evolversi e trasformarsi ma non smette mai di essere quello che è stato, e questa cosa incide sui suoi abitanti: anche se adesso è un luogo normalissimo, non ha ancora perso del tutto la sua fama sinistra…né il quartiere né i suoi abitanti.    Secondo te cosa impedisce ai giovani della periferia, simili a Bea ed Alfredo, di emergere nel mondo esterno?   La mancanza di stimoli esterni. Quando ti chiudi nel tuo guscio e il tuo universo personale è l’unica cosa che conosci è difficile uscirne, è difficile cercare nuovi obiettivi, e anche avere dei sogni diventa un’azione coraggiosa. Fortunatamente però, qualcuno riesce a venirne fuori.   Quanto c’è della vita di Valentina in questo romanzo?   Assolutamente nulla. Per fortuna ho avuto un’adolescenza sana e normale. Tuttavia qualcuno che mi conosce bene sostiene che il carattere di Beatrice assomigli un po’ al mio. Non so se prenderlo come un complimento!   Particolare la scelta di un esordiente di presentarsi al pubblico con un romanzo forte come il tuo. Non hai temuto la reazione di pubblico e critica? Sopratutto immaginavi che una storia come questa potesse colpire in questo modo il pubblico?   Penso che ogni esordiente, a prescindere dal romanzo con cui si presenta, sia terrorizzato dalla reazione di pubblico e critica! A parte questo non mi aspettavo assolutamente tutto quello che è arrivato con la pubblicazione, i commenti entusiasti e commossi dei lettori e le recensioni molto positive della stampa, è stata una grande soddisfazione.   L’esperienza con la droga di Alfredo assume un ruolo deciso nella storia, da dove nasce la decisione di avvicinare il protagonista a questa brutta bestia? E’ stata dura trovare il modo giusto per parlare di questo problema?   Credo che per Alfredo fosse inevitabile finire nel vortice della dipendenza. In un luogo come la Fortezza, con un carattere così debole, e in quegli anni così difficili, era quasi impossibile riuscire a salvarsi. D’altronde il periodo storico era particolarmente sfavorevole: quelli che avevano vent’anni negli anni ’80 sono stati letteralmente decimati dall’eroina. Una piaga terribile.   Sentiremo parlare presto di Valentina D’Urbano? Speriamo di sì, e speriamo in positivo!   

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