Le Anime Sante nei racconti popolari  dei Castelli Romani

Nei racconti del focolare erano così denominate le anime del Purgatorio che occupano un posto importante quasi quanto quello delle streghe

Nei racconti del focolare dei Castelli Romani le anime del Purgatorio, dette comunemente  Anime Sante, occupano  un posto importante quasi quanto quello delle streghe.  A differenza delle donne-streghe crudeli e malefiche, le Anime Sante aiutano nei momenti di pericolo, eppure anche loro,  poiché era chiaro che tornavano per breve tempo sulla terra dal mondo oscuro  e  inconoscibile  dei morti, regalavano brividi di sbalordimento e di paura a chi ascoltava le loro storie, le loro apparizioni.

Un cane bianco che accompagna in un momento di difficoltà  è il più comune segno della loro presenza- ricordato non solo a Rocca di Papa, ma anche ad Albano e Marino – tanto che a Rocca di Papa ai bambini si diceva:

“ Se vedi un cane bianco, non lo scacciare. ”

“ E  se me mozzica? ”

“ No, nun te mozzica, so’ Anime Sante”.

A Rocca Priora ho sentito invece parlare di un gatto bianco che cammina avanti avanti “so’  le Anime Sante che te iuteanu, che te fanno compagnia “.

Cani bianchi anche in Sud e magia di Ernesto De Martino, ma in ruoli completamente diversi: ad Albano di Lucania sono spesso cavalcature notturne delle streghe del luogo, le masciare, e la mattina vengono trovati stanchissimi e con strani segni sui dorsi.

Nei Castelli, invece, il cane è sempre una figura positiva, rassicurante, come lo sono d’altra parte tutte le apparizioni  collegate alle Anime Sante.

Esemplare è il racconto che segue:

Il cane bianco

Un uomo mandò un giorno i suoi due giovani figli, fratello e sorella, al mulino a Squarciarelli – a Rocca di Papa nell’Ottocento il mulino non c’era. Si raccomandò: «State attenti a mettere i sacchi sull’asinella, che i pesi siano uguali da una parte e dall’altra. Fatevi aiutare da qualcuno se non ce la fate».

«Tata, stai tranquillo, non ti preoccupare, ci penseremo noi».

E si incamminarono contenti, per questa novità, per questa sorta di avventura, tirandosi dietro l’asinella. Arrivati a Poggio Tulliano trovarono il mulino affollato di avventori e dovettero aspettare a lungo il loro turno. Quando il grano e il granturco furono macinati, il giorno era al tramonto. In fretta i due giovani caricarono l’asina alla meglio e si avviarono verso Rocca.

In breve tempo giunsero circa a metà strada e qui sorpassarono una ragazza, loro conoscente, con un sacco sulla testa. Vedendola stanca, il ragazzo le offrì di far portare il suo sacco dalla bestia e l’aiutò a legarlo al basto. Ormai stava calando la notte, i boschi ai lati della strada erano già fitti d’ombre e c’era ancora molta strada da fare. Ad un tratto videro apparire un cane, un grosso cane bianco che si avvicinò ai tre con fare mansueto. «Non abbiate paura», disse subito il ragazzo, e lo accarezzò sulla testa. Il cane, con atteggiamento festoso, cominciò a seguirli da vicino; a volte con una breve corsa li precedeva, poi si voltava come per invogliarli al cammino. I tre giovani si tranquillizzarono, le ombre cupe del bosco non facevano più paura, quel cane era un guardiano amico e fedele.

Il padre, a casa, era invece agitato da mille preoccupazioni e, non potendo resistere all’incertezza, uscì per andare loro incontro. Giunto appena fuori del paese, li vide arrivare tranquilli, chiacchierando. Da uomo esperto subito notò che il carico dell’asinella era completamente sbilanciato. Allora, correndo, li raggiunse e appena fu abbastanza vicino, non poté fare a meno di alzare la voce, agitando le mani: «Come avete fatto ad arrivare fin qui con l’asinella in questo stato? Ma non vedete che il carico è tutto da una parte, non avete gli occhi? Se la bestia fosse stramazzata, come avreste fatto? Eppure mi ero raccomandato…». Intanto spostava i sacchi. «Vi hanno proprio aiutato le Anime Sante…» 

I giovani a quelle parole si guardarono l’un l’altro, e contemporaneamente tutti e tre pensarono al grosso cane bianco che nel frattempo era sparito. Immediatamente ne riferirono al padre e lui faceva di sì, di sì con la testa: molte persone gli avevano raccontato che altre volte un grosso cane bianco era apparso per breve tempo, per scortare qualcuno, e poi era scomparso.

«Vi hanno aiutato davvero le Anime Sante», ripeté l’uomo in tono pensoso. Tutti e quattro tornarono a casa con il cuore in pace, nella certezza che qualcuno da un mondo invisibile aveva vegliato su di loro e sull’asinella.

 

Sono molti  gli anziani che ricordano  la presenza di un cane bianco che  li ha rassicurati in una strada solitaria,  solo che le storie “del cane”, ad esclusione di quella  che ho appena trascritto, non hanno mai un vero sviluppo: il cane appare, spesso nel buio, accompagna fino a casa e non c’è altro. Lo accenna  brevemente anche  lo scrittore  Aldo Onorati di Albano  nel suo libro, ormai introvabile, Magia e riti satanici nei Castelli Romani, in cui scrive:

[…] a passi svelti, senza voltarmi indietro, salivo al paese coi fasci d’erba sulle spalle, e più di qualche volta io stesso ho incontrato un cane bianco che mi ha fatto compagnia sotto la luna, nel deserto viaggio  di quei tempi, svanendo come una dissolvenza filmica prima di entrare in paese.

l racconti  più interessanti, più veri – voglio ricordare che tutti i racconti sono ritenuti realmente accaduti  e spesso mi sono stati raccontati dagli stessi protagonisti, donne per lo più- sono quelli in cui le Anime Sante appaiono come persone in carne  ed ossa,  per poi  ogni volta sparire  improvvisamente in un’aura di mistero.  Come nel racconto che segue.

 

I due nemici

Due uomini di Rocca di Papa si odiavano, non se ne conoscono i motivi. Da poco se le erano date di santa ragione; per fortuna alcuni conoscenti erano arrivati a spartirli altrimenti non si sa quello che sarebbe successo. Quello che le aveva prese di più covava vendetta e sputava minacce: «Se lo incontro da solo, ho pronto il coltello e andrò carcerato». L’altro, invece, voleva evitare altre liti e lo scansava prudentemente e, quando poteva, cercava di non girare da solo.

Ma un giorno, in un viottolo di campagna completamente deserto, eccoti che vede venirgli incontro il suo nemico con fare baldanzoso e occhi cattivi.

«Anime sante mie, iutetemi…» gli venne spontaneo dire a fior di labbra, mentre stringeva i pugni. Però un istante dopo vide il nemico farsi incerto, rallentare il passo e poi svoltare per un viottolo laterale. L’uomo tirò un sospiro di sollievo e continuò la sua strada.

L’indomani non fece in tempo ad arrivare in piazza che venne interpellato da un conoscente: «Ma con chi stavi ieri?

L’amico tuo, mi capisci, ti ha visto prima solo e poi con parecchi uomini intorno. Chi erano?»

«Ma ero solo…», fece il nostro uomo meravigliato. «Eppure quello li ha visti, parecchi, e non ti ha aggredito».

«Ero solo» ripeté. «Allora mi hanno aiutato le Anime Sante…»

 Un silenzio pensoso scese tra i due. «Buonasera compà…»

«Buonasera».

Alla prossima puntata con altri racconti misteriosi

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streghe* Maria Pia Santangeli, toscana di nascita, vive da quarant’anni a Rocca di Papa, nei Castelli Romani. Ha pubblicato Rocca di Papa al tempo della crespigna e dei sugamèle e Boscaioli e carbonai nei Castelli Romani, entrambi editi da Edilazio, e due libri per ragazzi: le quattro fiabe de Il Principe degli specchi(Sovera, 2000) e il breve romanzo ecologico Arbìn bambino albero (Ragazzi Editors, 2008), tutti e due lungamente citati in due tesi di Laurea sulla Letteratura per l’infanzia (Università di Roma Tor Vergata e Roma Tre). Nel 1996 ha fondato a Rocca di Papa l’Associazione culturale L’Osservatorio. Sempre a Rocca di Papa ha ideato e organizzato per tre anni una notte di cultura denominata La notte verde. Collabora a giornali e riviste locali.

Santangeli ha pure pubblicato il libro Streghe, spiriti e folletti nei Castelli Romani (Edilet Roma, 2012, pp. 160, euro 12)


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