L’eredità di don Luigi Di Liegro a 17 anni dalla scomparsa

Riflessioni sul grande prete romano che ci ha lasciato il 12 ottobre 1997

Perché tante persone si incontrano ogni anno, il 12 ottobre, nella Basilica dei SS. Apostoli, per ricordare don Luigi Di Liegro, fondatore e primo direttore della Caritas Diocesana di Roma?

Sembra una domanda banale per chi lo ha conosciuto bene, anche se il tempo scolorisce la memoria. Molti lo ricordano vagamente, altri ne hanno sentito parlare, oppure, come molti giovani, sanno poco o nulla del “grande prete romano” scomparso nel 1997, all’età di 69 anni, nell’Ospedale San Raffaele di Milano, ove la salma fu benedetta dal Cardinale Carlo Maria Martini.

Oggi al nome di don Luigi Di Liegro – non solo a Roma e nel Lazio – sono dedicate o intitolate strade, piazze, ospedali, mense, sale consiliari, scuole e ostelli. Inoltre una Fondazione Internazionale di volontariato, che opera e lavora, su progetti per volontari e famiglie in rete per la salute mentale, per il contrasto alla povertà e alla disoccupazione degli over 40, per l’integrazione e la cittadinanza per gli immigrati, queste attività anche per mantenere vivo il ricordo, e lo spirito che ha animato la vita di questo sacerdote che si è speso per “i senza speranza della  città eterna”.

Sono passati 17 anni, dal giorno che don Di Liegro è tornato alla Casa del Padre, ma la sua opera e la sua testimonianza è ancora attuale, perché “ il prete degli ultimi” considerato da molti un geniale sacerdote romano, instancabile nel servizio ai barboni, ai poveri, ai senza tetto, ai malati di Aids, ai carcerati e agli immigrati ( don Luigi era figlio di un emigrato negli Stati Uniti), sosteneva che “il vero compito del volontariato è politico”. Ed ha sempre agito di conseguenza, anche configgendo con le autorità politiche e talvolta ecclesiastiche. Ma il suo agire era prima di tutto “profezia” nel termine biblico del termine, così come lo ha definito nel libro biografico di Maurilio Guasco, dal titolo Carità e giustizia. Don Luigi Di Liegro (1928 – 1997).

Non fu un caso che don Di Liegro capì prima di altri: delle istituzioni, delle forze politiche, della società civile che, ad esempio, il fenomeno immigrazione era complesso e difficile da affrontare per trovare soluzioni giuste ed equilibrate. Non stupì che come primo Direttore della Caritas di Roma, fu consultato ripetutamente, dalla metà degli anni ottanta, per aiutare e contribuire ad elaborare i primi interventi a livello legislativo, in materia d’immigrazione, avviando forme di tutela e regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari, come: ingresso, soggiorno, espulsione, diritto d’asilo e “programmazione di flussi”.

Due vicende particolari aiutarono don Di Liegro, alla maggiore comprensione e alla conoscenza di quanto si andava manifestando all’inizio degli anni novanta, in materia di immigrazione o fuga dal proprio paese, o dalla propria terra.

La prima, quella dell’arrivo attraverso l’Adriatico, dei profughi/clandestini albanesi, con decine di migliaia di persone di tutte le età. Il periodo di punta  degli sbarchi si manifestò da marzo ad agosto del 1991, fu il periodo più significativo per la quantità di arrivi, a Brindisi e a Bari, e il nostro paese affrontò quell’emergenza umanitaria senza precedenti, impreparato e disorganizzato.

L’altra, l’occupazione a Roma, dell’ex Pastificio Pantanella, abbandonato sulla via Casilina, verso Porta Maggiore. Un opificio riutilizzato negli anni 1990/1991 come case di fortuna, da oltre 2.500 migranti e fu organizzato dalle varie etnie che lo occuparono, tenendo conto dagli ambienti, territori e nazionalità di provenienza geografica, e per religione.

Significativa, in quel periodo, la presenza nei sotterranei di una moschea, oltre al tentativo riuscito di capire e imparare la nostra lingua con l’istituzione di una scuola di lingua italiana.

I rapporti degli immigrati, occupanti della Pantanella, crearono problemi di “relazione” con la città di Roma e si fecero critici, era il periodo dei mondiali di calcio.

In quel contesto difficile, i rapporti con il territorio e le autorità pubbliche furono gestiti e orientati da due figure culturalmente diverse, ma uniti da comuni ideali come don Luigi Di Liegro e Mohammad Muzaffae Alì, detto Sher Khan.

Il primo, conosciuto non solo a Roma per le sue battaglie contro l’emarginazione, la povertà e le esclusioni, oltre la forte capacità di mediazione; il secondo, pakistano di Dera Ghaji Khan, era uno sconosciuto (ai più) rifugiato politico. Artefice, insieme a don Di Liegro,  dell’organizzazione della Pantanella (una comunità, composta da etnie e culture diverse, una esperienza unica in quel periodo), aveva anche il merito di aver fondato e presieduto la prima associazione in Italia di tutela di lavoratori migranti, portando avanti lotte per il lavoro e la casa, diventando un punto di riferimento non solo per la sua comunità.

L’esperienza e la coscienza acquisita, non solo dalle vicende degli albanesi e della Pantanella, da parte di don Di Liegro, gli fanno dire: “Non è possibile porsi in dialogo, se non si conoscono gli elementi caratteristici di certe forme religiose, se non si approfondiscono aspetti religiosi da cui sovente scaturiscono comportamenti e abitudini. Tale lacuna rischia di portare ad integralismi religiosi, oggi purtroppo in aumento.”

Una riflessione che risale al 1995, ma che appare ancora di una scottante attualità, e rispetto ai mussulmani, e non nasconde i pericoli di frizione tra una concezione laica dello Stato e quella “sacrale di una certa tradizione islamica”. Tuttavia la conoscenza reciproca e franca sono le fondamenta di un dialogo proficuo e duraturo.

Ecco perché deve essere ricordato don Luigi Di Liegro, non solo per le opere della Caritas Diocesana di Roma realizzate, come l’Ostello di Roma Termini, la Mensa di Colle Oppio, la Casa di Villa Glori per i serio positivi, la Casa di S.Giacinta a Ponte Casilino, tanto per citarne alcune, ma per il grande valore profetico nel suo apostolato, che ha saputo vedere, capire, discernere e interpretare i grandi cambiamenti del nostro tempo, testimoniando il Vangelo.

Nella Basilica dei SS. Apostoli, lunedì 13 ottobre si terrà la “XVII Celebrazione Eucaristica in memoria di Don Luigi” presieduta da Mons. Zuppi, Vescovo Ausiliario di Roma.


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