Municipi:

Memoria di una deportazione dimenticata

Chi si ricorda dei Carabinieri Reali di Roma deportati il 7 Ottobre del 1943?

«La mattina del 7 ottobre, le truppe tedesche […] disarmano e catturano circa 1500 militi che vengono poi deportati in Germania. Circa 6.000 carabinieri riescono però a sottrarsi alla cattura […] grazie alla grande solidarietà della popolazione.  Infatti, migliaia di cittadini, pur consapevoli dei gravi rischi cui vanno incontro, soccorrono spontaneamente i carabinieri, accogliendoli nelle proprie case e dando loro abiti civili.». (Giorgio Giannini, 1949-2023, dal suo: “Lotta per la Libertà, La Resistenza a Roma, 1943-1944”, Edizioni Associate,  2000)

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Questa storia riguarda i Carabinieri Reali [d’ora in avanti Carabinieri] di stanza a Roma fino al 7 Ottobre del 1943, Ma questa storia non comincia il 7 Ottobre del 1943, 30° giorno dell’occupazione nazifascista di Roma. Questa storia, comincia, invece, la sera dell’8 Settembre del 1943, subito dopo il radiomessaggio del Maresciallo D’Italia Pietro Badoglio che da Via Asiago, sede romana dell’EIAR, Ente Italiano Audizioni Radiofoniche, così iniziava: “Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta, contro la soverchiante potenza avversaria….”  e comincia con gli scontri dei militari e dei civili che, a Porta San Paolo e in altre zone della città, cercano di contrastare i tedeschi che – entrati in Italia dal Valico del Brennero – vogliono prendersi Roma. I Carabinieri saranno tra quei militari. I militari del 2° Battaglione Allievi Carabinieri e quelli del Gruppo Squadroni “Pastrengo”, unitamente a Sottoufficiali e Ufficiali d’inquadramento, combattendo alla Magliana e a Tor Sapienza, contro i “Diavoli Verdi” i parà tedeschi del Generale Heindrich. 

 Resistere!

Alla Magliana, il 9 Settembre ‘43, gli Allievi Ufficiali dei Carabinieri sono guidati dal Capitano Orlando De Tommaso, Comandante della 4^ Compagnia. In quegli scontri cadranno 28 Allievi Carabinieri e tra loro anche il Capitano De Tommaso (brindisino e con un figlio diciassettenne deportato nel Campo di Concentramento di Buckenwald) che sarà decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria.

Ma questa storia ha ancora un altro Prologo. Il Tenente Colonnello delle SS Herbert Kappler, Capo della Polizia e dei Servizi di sicurezza tedeschi, delle SS e della Gestapo a Roma, la notte del 7 Ottobre 1943 invia un telegramma a Berlino. L’oggetto di quel suo messaggio è il disarmo dei Carabinieri di stanza in città. L’ordine proviene dal Maresciallo Rodolfo Graziani, Ministro della Guerra, della RSI e Capo di Stato Maggiore dell’Esercito repubblichino ed è stato autorizzato dal Maresciallo Kesselring, Comandante in Capo del Gruppo di Armate Sud dislocate in Italia. I tedeschi non si fidano dei Carabinieri (che hanno giurato fedeltà al re e non a Mussolini) e – in previsione della razzia degli ebrei del Ghetto di Roma (ma non solo dl Ghetto), già programmata per Sabato 16 Ottobre ’43, hanno bisogno di non incontrare ostacoli ai loro piani.

Chi odiava i Carabinieri?

Certo, i tedeschi non vedevano di buon occhio la Monarchia di Casa Savoia e ancora meno i militari monarchici molti dei quali, dopo l’annuncio dell’Armistizio, erano passati in clandestinità nelle fila dell’FMCR, il Fronte Militare Clandestino di resistenza, del Colonnello del Genio Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo. Ma molto di più dei tedeschi, i Carabinieri erano invisi ai fascisti saloini. In primis per quel giuramento al re savoiardo (il ‘bastardo’ che aveva ordinato l’arresto del duce); secondariamente perché erano stati tre Ufficiali dei Carabinieri, I Capitani Raffaele Aversa e Paolo Vigneri e il Tenente Colonnello Giovanni Frignani, ad eseguire, il 25 Luglio precedente, l’arresto di Mussolini, appena uscito dal colloquio con il re a Villa Savoia, dopo la Seduta dl Gran Consiglio del Fascismo del 24-25 Luglio che lo aveva, di fatto, destituito.

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Giovanni Frignani Raffaele Aversa, all’8 Settembre del 1943 entreranno in clandestinità, unendosi alla “Banda Caruso”, Formazione Partigiana combattente formata tutta da Carabinieri e comandata dal Generale Filippo Caruso che aveva aderito all’FMRC di Montezemolo. Catturati dai tedeschi per delazione, i due Ufficiali saranno condotti a Via Tasso e successivamente, inseriti nella Lista dei 335 antifascisti trucidati alle Cave Ardeatine, il 24 Marzo del 1944. I due Ufficiali sono stati decorati di Medaglia D’Oro al Valor Militare alla Memoria.

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Dunque, il Maresciallo Graziani firma, il 6 Ottobre 1943, la Direttiva Protocollo Riservato N.269 con la quale ordina, al Comandante Generale Facente Funzioni dell’Arma, Generale di Brigata Casimiro Delfini, nonché al Generale Umberto Presti, Comandante della Polizia dell’Africa Italiana, la PAI, di provvedere a consegnare tutti i Carabinieri di stanza a Roma nelle rispettive Caserme, con divieto di allontanamento dalle stesse e disarmo Il Generale Delfini eseguirà prontamente l’ordine ricevuto, così condannando molti suoi uomini alla deportazione. Per questo suo comportamento servile e criminale, il Generale Casimiro Delfini non figura nell’Elenco Ufficiale dei Comandanti Generali dell’Arma dei Carabinieri. (*)

La Nota del 6 Ottobre ’43, Protocollo Riservato n. 269, a firma del Maresciallo D’Italia, Rodolfo Graziani, sul disarmo e l’arresto con deportazione dei Carabinieri di stanza nella Capitale.

Dei 6.000 Carabinieri di stanza a Roma, tedeschi e fascisti ne arresteranno 1.500, forse 2.000, forse di 2.500. Non è noto il loro numero esatto. Molti militari dell’Arma però, perché avvertiti in tempo o solo perché fortunati, riusciranno a sfuggire all’arresto e si uniranno alla Resistenza.

Sulla questione dell’arresto e della deportazione dei Carabinieri romani non si è scritto molto da parte degli addetti ai lavori. Un importante lavoro di Ricerca è stato svolto da Anna Maria Casavola, figlia di un carabiniere, ex Insegnante e collaboratrice del Museo Storico della Liberazione di Via Tasso.

Il suo lavoro è diventato – nel 2008 per i tipi dell’Editrice Studium – un libro dal titolo: “7 Ottobre 1943, la deportazione dei Carabinieri romani nei Lager nazisti”. La Ricerca fornisce una nuova chiave di lettura dell’accaduto: se, infatti, furono i tedeschi a deportare i Carabinieri di stanza a Roma nei Lager di Polonia Germania, furono – come avete letto in precedenza – però i fascisti di Salò a consegnarli loro, nella maggior parte dei casi, mentre i paracadutisti tedeschi radunavano le armi in dotazione ai militari dell’Arma che venivano via via cattuarati.

La Direttiva n. 296 di Graziani, prontamente eseguita da Delfini e dagli uomini della PAI di Presti, oltreché da Reparti di Camice Nere e di Paracadutisti tedeschi, farà trovare molti Carabinieri (quelli che non riusciranno a fuggire o non lo fecero per senso di disciplina) disarmati ed accasermati, favorendo così il “lavoro sporco” della deportazione. (**)

Un’ulteriore testimonianza, sulla deliberata consegna ai tedeschi da parte dei fascisti dei Carabinieri di stanza nella Capitale, la fornisce il giornalista Andrea Galli, nel suo libro “Carabinieri per la Libertà” (Mondadori, 2016).

Scrive, infatti, Galli, a pagina 38 del libro, che alle 8,30 del mattino del 7 Ottobre 1943, il Capo Ufficio del Commissariato Appio, Gaetano Lisi, invia un fonogramma all’attenzione del Maresciallo Maggiore Raffaele Di Jorio, Comandante della Stazione dei Carabinieri di San Giovanni. Il fonogramma riportava un messaggio appena inviato ai Commissariati dalla Questura Centrale. Il messaggio diceva: «Stamani le Caserme dell’Arma saranno occupate dai tedeschi. Mantenersi vigilanti e riferire eventuali incidenti.». Alla fine del messaggio Lisi scrive, di suo pugno sul foglio: «Caro Di Jorio, regolati tu, come meglio credi.».

Quattro ore prima di ricevere quel fonogramma, racconta sempre Galli, il Maresciallo Di Jorio aveva ricevuto una telefonata dal Tenente Franco Bulgarelli, Comandante della Tenenza Viminale dell’Arma, che gli trasmetteva l’ordine di ritirare tutti i servizi esterni e tenere pronti in Caserma gli uomini, per comunicazioni urgentissime. L’ordine telefonico non specificava, però, di quali comunicazioni “urgentissime” si trattasse.

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Quanti furono i Carabinieri arrestati a Roma e deportati quel 7 Ottobre del 1943? Sulla cifra esatta, come accennato in precedenza, non esiste una fonte certa. Quello che è certo e che la loro cattura fu il prologo della razzia del Ghetto di Roma, che si sarebbe svolta nove giorni dopo. E l’eliminazione fisica dei Carabinieri serviva ad evitare possibili sorprese non gradite.

Sulla deportazione dei Carabinieri romani, il giornalista Roberto Olla – nel Blog “Passato e Presente” (TG1) – riporta una dichiarazione di Pietro Terracina, ebreo romano deportato ad Auschwitz con tutta la sua famiglia, nel 1944. Terracina, uno dei pochi ebrei di Roma scampati allo sterminio e l’unico sopravvissuto degli 8 componenti della sua famiglia, dice riguardo a quel 7 Ottobre ’43: «C’è una domanda che mi sono sempre posto. Io avevo 15 anni nell’ottobre del 1943 e mi ricordo che si diceva, a Roma, circolava voce che i carabinieri fossero stati disarmati e deportati.». «Però nessuno sapeva niente di preciso.». «Poi si è saputo che erano stati deportati, però non se ne è mai parlato, non si onora la loro memoria, non si ascoltano le loro testimonianze e io mi chiedo perché.».

Deportazione

Occorre ricordare che i Carabinieri rastrellati a Roma vennero deportati sia negli appositi Campi di prigionia, allestiti dai tedeschi, dopo l’8 Settembre ’43, per rinchiudere i militari italiani rastrellati (gli IMI) e qui – nella stragrande maggioranza – opposero sempre un netto rifiuto alla richiesta di collaborazione con i nazifascisti, sia – in totale spregio alle norme del Diritto Bellico e di quello Umanitario – nei Campi di sterminio veri e propri, attivi in Polonia e in Germania. Diverse decine di Carabinieri rastrellati a Roma il 7 Ottobre del ’43, si trovavano, ad esempio, rinchiusi nel KL di Dora e vennero costretti al lavoro schiavo nelle gallerie sotterranee dove – sotto la guida dell’SS Werner von Braun – si costruiva le V1 e le V2 tedesche.

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Ecco dunque ricordata una data importante del nostro Calendario Civile, preludio di un’altra data, quella del 16 Ottobre 1943, altrettanto importante per la Memoria di noi tutti, romani e no. Non mi risulta che a Roma la data del 7 Ottobre ‘43 sia ricordata con una lapide in un qualche luogo aperto al pubblico.

Segnalo dunque l’unica che sia a mia conoscenza. Non si tratta di una lapide, ma di una pietra d’inciampo istallata nel Giugno del 2011 in Via Carlo Alberto Dalla Chiesa, 2, all’esterno della Caserma “Capitano Olando De Tommaso, MOVMM”, Sede del Comando della Legione Allievi Carabinieri di Roma.

Segnalo, infine che oggi 7 Ottobre 2024, alle ore 9,30 – in occasione dell’81 Anniversario della deportazione dei Carabinieri romani – a Porta San Paolo si svolgerà una Cerimonia commemorativa a cui parteciperà anche una Rappresentanza dell’ANPI Provinciale di Roma.

(*) La Polizia dell’Africa Italiana, PAI, costituita nel 1936 come Corpo di Polizia Coloniale, operò anche sul territorio del Regno D’Italia, in particolare a Roma (dove era inserita nella Milizia Volontaria fascista per la Sicurezza Nazionale) con funzioni di ordine pubblico, fino al 1945.

Questi militari – durante i 271 giorni di occupazione nazifascista di Roma, – vennero impiegati, in alternanza con militi della Pubblica Sicurezza, anche come plotone di esecuzione delle oltre 70 condanne a morte mediante fucilazione che venivano eseguite a Forte Bravetta a carico di antifascisti partigiani. Va anche ricordato che molti militari di questo Corpo di Polizia, durante l’occupazione di Roma, passarono nelle file della Resistenza pur restando formalmente nel Corpo.

(**) Nel Libro “Carabinieri Kaputt!”, All Around, 2019, Maurizio Piccirilli, ex Maresciallo dell’Arma, racconta la storia della deportazione dei Carabinieri di Roma. In una Appendice al Volume si trova un elenco di novanta nomi di Carabinieri che furono deportati nel Campo di Concentramento di Rosenheim, dipendenza del KL dii Dachau.


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