Rolling Stones, ready to rock

71,500 spettatori, controlli serrati, le polemiche per una location quasi regalata e 25 milioni di incasso per la Capitale. Cronaca di un evento irripetibile

Chi c’era lo sa come ci si sente 24 ore dopo un evento memorabile. Dopo che le luci si sono spente e le rovine del Circo Massimo sono state riconsegnate alla quiete immobile della storia. Perché chi c’era, quella quiete l’ha vista scomparire in un istante, alle 21:50 di domenica 22 giugno 2014, quando il palco lungo 40 metri del 14 On Fire Tour ha squarciato il cielo sotto gli occhi increduli di oltre 70,000 spettatori.

Il primo ad entrare è lui, Keith “the Riff” Richards, chitarra e bandana d’ordinanza, seguito da Mick Jagger in gran spolvero e paillettes color oro e poi Ronnie Wood, il giovane del gruppo, e Charlie Watts, che invece è il più anziano ma come picchia, con quelle bacchette. 70 anni di media e non sono mai sembrati così giovani, i quattro ragazzacci della Swinging London che saltellano e si dimenano come ne avessero 70 in quattro.

Jumpin’ Jack Flash è la linguaccia che fanno, irriverente, alla calma maestà del Circo Massimo ma tra pietre (miliari) ci si intende, e Jagger in fondo si dice contento di poter suonare in un posto più vecchio di lui.

Rolling Stones Circo Massimo

Invece Streets of Love è il regalo che Jagger fa a quel pubblico, il suo, così vasto da non stare dentro uno sguardo solo. E bagna gli occhi, quella canzone che torna a 8 anni dal debutto a San Siro e torna insieme alla chitarra di Mick Taylor. Taylor, dalle cui corde più tardi uscirà anche una portentosa Midnight Rambler. Splendida esecuzione di Tumbling Dice tirata fuori da quel capolavoro che è Exile On Main Street. Per Respectable, il pezzo più twittato dai fan, gli Stones chiamano sul palco anche John Mayer, una gran bella chitarra in più sotto un cielo color rock ‘n’ roll.

Sono 19 i brani nella setlist romana, zero sorprese rispetto all’ultima tappa a Düsseldorf, tiene fino alla fine la speranza di Paint it, Black che però non c’è, mentre restano You Got the Silver e Can’t Be Seen con Keith Richards alla voce. Si vede che i giovanotti si vogliono un gran bene, su quel palco grande la scena è di tutti. Si vede che si divertono ancora come i matti e non si dica che il rock non fa bene alla salute. E poi It’s Only Rock ‘n’ Roll (But I Like It), Out of Control, e Honky Tonk Women.

Mick Jagger Circo Massimo

E tutto, davvero tutto, lì sopra risponde a un unico aggettivo: maestoso. Non una sbavatura, non un incrinatura nella voce e negli strumenti, Watts è l’unico che non si scompone troppo, ma lui dietro quella batteria è un guru e può fare ciò che vuole, mentre Mick Jagger corre su è giù per quel palco enorme ma piccolo per le falcate, le mossette, le giacche cambiate di continuo e lanciate dove capita. Come faccia a fare quello che fa, tirando fuori quella voce capace di riempire ogni spazio possibile continua a rimanere tanto incomprensibile quanto affascinante.

Miss You fa da apripista a Gimme Shelter, che esplode letteralmente in una voce nera che più nera non si può, quella di Lisa Fischer, perfetto contraltare femminile del diavolo Jagger, che da diavolo si traveste sotto un palco rosso fuoco mentre il pubblico ulula la intro di Sympathy For The Devil. A chiudere Start Me Up, Brown Sugar, You Can’t Always Get What You Want e (I can’t Get No) Satisfaction che sì, è vero, chi ama gli Stones a questo pezzo continua a preferirne decine di altri, ma poi come si fa a non urlarla a squarciagola quando sei lì in mezzo a quelle note eterne almeno quanto le pietre del Circo Massimo?

Finale con i fuochi d’artificio, e si torna a casa. Noi, almeno, che quei quattro lì sono dei ragazzini e la notte è ancora lunga.


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