Taxi a Roma, l’allarme di Zaccheo: “servono 2.000 licenze”
Il presidente dell'Autorità di regolazione dei trasporti ha ribadito quanto già espresso nel parere del 30 maggio scorso inviato al Campidoglio“1.000 taxi in più? No, ne servono almeno 2.000!” Con queste parole, Nicola Zaccheo, presidente dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti (Art), ha scatenato una tempesta tra i tassisti romani.
Durante la conferenza stampa per la presentazione della relazione annuale, Zaccheo ha acceso un acceso dibattito sul numero di nuove licenze taxi da rilasciare nella Capitale.
“Roma ha bisogno di una rivoluzione sui taxi,” ha dichiarato Zaccheo, sottolineando che 1.000 nuove licenze non sono nemmeno lontanamente sufficienti. Secondo l’Art, la città ha un disperato bisogno di almeno il doppio delle nuove licenze per far fronte all’enorme domanda.
Tuttavia, ha precisato, la mancanza di dati concreti rende difficile stabilire il numero esatto di taxi necessari. Per questo, ha proposto al Comune di Roma di destinare parte dei proventi delle nuove licenze all’installazione di GPS sui tassametri, così da avere un quadro chiaro del servizio.
Il presidente ha aggiunto che, in teoria, Roma dovrebbe avere 2.000 taxi per funzionare al meglio. Ma questa affermazione non è piaciuta ai sindacati dei taxi, che hanno reagito con veemenza. “È uno scandalo che i tassisti diventino il capro espiatorio per il disastro della mobilità romana!” hanno tuonato le principali associazioni di categoria, tra cui Fit CISL Lazio, Ugl Taxi e Federtaxi Cisal.
I rappresentanti del settore hanno messo in luce il caos totale che travolge la Capitale: “Roma è immersa in un’epidemia di cantieri e traffico impazzito,” hanno spiegato. Con tram assenti, treni metropolitani in manutenzione e corse saltate, i tassisti sono costretti a lavorare in condizioni estreme. “Far ricadere la colpa sui tassisti è semplicemente ingiusto,” hanno insistito, rimarcando che i lavoratori stanno già facendo enormi sacrifici, estendendo gli orari e annullando i riposi per far fronte alla crisi.
I sindacati hanno concluso con una nota decisa: “Non siamo il capro espiatorio di questo disastro. Abbiamo sempre fatto la nostra parte e ora è il momento che anche altri facciano la loro.”
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