Addio Pasquale Cairo!
È stato il nostro "Presidente" a tutto campo, tessitore di relazioni e pioniere nella nascita e nella crescita del quartiereIl quartiere era un grande cantiere a cielo aperto. Quadrati di cemento da cui si immaginavano future finestre accalcati uno sull’altro come fossero pezzi di puzzle. Ruspe che sembrano mostri meccanici smuovevano il terreno mentre gru di diversi colori vibravano nell’aria spostando travi, blocchetti e altri indecifrabili “pezzi di case”.
Non c’erano strade, non c’era illuminazione, non c’era l’acqua, non c’era praticamente nulla. Ma poi un giorno, quando quei mostri di metallo ha finito la loro opera e ciascuno ha ottenuto le sue agogniate chiavi di casa, nel quartiere sono arrivati gli uomini e con loro è arrivata la vita.
Si usciva di casa con gli stivali di gomma quando pioveva e si rientrava a casa la sera con la torcia portatile accesa per non perdersi tra i palazzi sempre tutti troppo uguali. C’era un solo telefono a gettoni nel vano pulizie e nessun negozio vicino né una parrocchia degna di questo nome.
Eravamo tutti pionieri: i nostri genitori, a cui sembrava di vivere in un castello per i sacrifici fatti per poter avere una casa di proprietà (e il mutuo allora non faceva paura!). Ma eravamo pionieri anche noi adolescenti alla ricerca di nuove amicizie e nuovi amori o i più piccoli per i quali questo quartiere dal nome in codice, Casilino 23, era il loro primo nido. Pionieri perché ci lasciavamo plasmare da chi, più grande di noi, aveva un meraviglioso progetto esistenziale.
È in questo “universo di condivisione” delle difficoltà e delle gioie, con l’obiettivo di costruire un futuro migliore per tutti, che ho conosciuto Pasquale Cairo. Ferroviere come mio padre, aveva l’appartamento con sua moglie Maria Antonietta e le due figlie Paola e Daniela, nella scala di fronte la mia. Non è stato difficile diventare amici, una forma di amicizia che è stata da sempre un po’ famiglia e un po’ casa.
Ma, in fondo, amici lo eravamo un po’ tutti all’epoca e proprio tutti credevamo in un’utopia che, per un bel numero di anni, abbiamo saputo realizzare.
C’era una grande area abbandonata, e ovviamente buia, adiacente ai nostri palazzi che era luogo di ritrovo per tossicodipendenti – quelli erano gli anni terribili dell’eroina. Bisognava fare qualcosa, per noi ma anche per distrarre quei giovani da un nemico troppo pericoloso. Allora il grande movimento dei ferrovieri della Cooperativa Deposito Locomotive Roma San Lorenzo ha deciso di mettere le proprie braccia e la propria fatica di mesi e mesi di lavoro per bonificare quell’area. Sono stati mesi bellissimi, di partecipazione a un progetto che sembrava un sogno e che invece è diventato realtà. Pasquale era lì, insieme a tutti gli altri – ciascuno con le sue competenze e capacità – a spalare la terra, alzare i pali della luce, disegnare il campo da bocce, verniciare la recinzione, costruire il campo da tennis, allestire i giochi per i bambini. Dopo circa un anno lì non ci si bucava più: i giovani giocavano a basket, a tennis e a calcetto o passavano il tempo a chiacchierare sulle panchine, mentre i nonni tiravano di bocce e i piccoli “volavano” sull’altalena.
In tutto questo progetto Pasquale ha sempre avuto una risorsa in più – che ahimè non ho trovato dopo in nessun’altro: lui aveva la capacità di parlare con le autorità competenti (e all’epoca era molto più difficile di ora accedere “alle segrete cose”). E’ stato lui che ha fatto ore e ore di anticamera negli angusti uffici comunali, ha ricevuto tante porte chiuse in faccia e tanti no, ma non si è mai lasciato demoralizzare. Ha continuato fino allo sfinimento (più dei responsabili circoscrizionali che suo a dire il vero!) fino a quando le autorizzazioni necessarie a far “vivere” quell’area polivalente sono arrivate. E’ stato lui che ha fatto un grande lavoro di cucitura tra la nostra Associazione e quelle che allora erano le Circoscrizioni (oggi Municipi) e un grande lavoro sul territorio in sinergia con le altre realtà locali. E’ stato lui insomma – per dirlo al modo degli anni Duemila – il nostro responsabile delle comunicazioni esterne e dei rapporti con il territorio.
A lui non potevamo non affidare l’incarico di Presidente. E anche negli ultimi anni, quando ha deciso di lasciare l’attività sul campo (seppure sempre presente), per noi è rimasto il nostro Presidente onorario.
Per me è stato molto di più: mi ha insegnato, sostenuto, incoraggiato ad andare avanti per far continuare a “pulsare” quell’area polivalente (sulla quale durante la pandemia era già cresciuta l’erba alta), anche quando avevo voglia di mollare per le troppe difficoltà quotidiane, combattuta tra scarsa collaborazione e interessi individuali e non collettivi che mal si addicono alla nostra storia.
Per me non è stato solo “il Presidente”, non è stato solo un amico: per me Pasquale è stato un padre e per l’emozione di farmi sentire ancora figlia lo ringrazierò in eterno.
Mi mancherà, ci mancherà!
Gilda Luzzi