Da Artemisia Gentileschi alle “Donne d’amore e di lotta” di Melania Fiore: violenze dal passato al presente

Mostre, spettacoli teatrali e manifestazioni con un unico grande messaggio
Cristina Colaninno - 10 Dicembre 2016

Il tema della violenza sulle donne che è da sempre stata presente e continua a declinarsi in vari modi nella nostra società è un tema oggi più che mai attuale. Dalla manifestazione del 26 novembre a Roma fino alla bellissima mostra su Artemisia Gentileschi ed il suo tempo (visibile dal 30 novembre 2016 al 7 maggio 2017 nelle sale di Palazzo Braschi) passando da spettacoli teatrali impegnati come le “Donne di amore e di lotta” di Melania Fiore per la regia ed il testo di Enrico Bernard andato in scena il 2 dicembre scorso dedicato a Dario Fo e Franca Rame. Il filo rosso che lega questi eventi è appunto la tematica della violenza sulle donne, che non viene intesa solo in senso sessuale, come quella subita dalla stessa Franca Rame e da Artemisia Gentileschi, così come da una delle “donne d’amore e di lotta” ma anche psicologica e sociale.

unnamed-58modelloNella piazza del 26 novembre tre generazioni di donne si sono incontrate e hanno costruito uno spazio pubblico aperto a chi combatte e subisce la violenza sulle donne, in quanto dispositivo di controllo, problema strutturale e trasversale alla vita intera, limite alla trasformazione dell’esistente. L’elemento caratterizzante del 26 novembre è stata la molteplicità e la complicità tra soggettività femministe e transfemministe queer differenti e solidali che sono esplose in una piazza con più di 200mila persone.

Lo slogan “non una di meno” dà il nome al movimento e al blog attraverso il quale seguire gli 8 tavoli tematici nati nel conteso della manifestazione e rende molto bene l’idea di quanto sia fondamentale non lasciare che in nessuna parte del mondo si perpetrino più orrori nei confronti delle donne. Ad oggi forse rappresenta un’utopia ma il muoversi inesorabile dell’opinione pubblica ed il confronto, anche politico, su questi temi daranno  certamente i loro frutti nel tempo. Basti pensare che fino a non molto tempo fa le donne non funzionali al sistema venivano internate nei manicomi come la moderna Penelope raccontata dalla Fiore, chiusa in manicomio da molti anni in attesa di un Ulisse del dopoguerra che non tornerà mai a riprenderla. Anche donne passate alla storia o che della storia sono divenute un simbolo sono portate in scena con questo spettacolo non convenzionale: la brillante Sophie Taeuber- Arp cofondatrice del movimento dada, la terrorista rossa tedesca Gudrun Ensslin “suicidata” nel carcere di Stammheim insieme al suo compagno e una giovane studentessa universitaria, violentata al G8 di Genova. Quattro donne che avrebbero voluto resistere continuando ad amare lottando. Sole.

gentileschi_artemisia_judith_beheading_holofernes_naplesCome lottò da sola Artemisa Gentileschi al processo contro il suo stupratore, un processo nel quale neppure suo padre, il pittore Orazio Gentileschi, la difese e nell’ambito del quale fu sottoposta ad un’imbarazzante visita ginecologica ed alla tortura della sibilla per testare la sua buona fede nel denunciare Agostino Tassi. Un tipo di tortura eseguita sulle mani che mise a serio rischio quella che poi fu la sua brillante carriera di pittrice. Un’arte nella quale Artemisia sublimò le violenze subite e che probabilmente la salvò. Il percorso espositivo è infatti specchio della personalità di questa donna geniale, forte ed effervescente che segnò il suo tempo con diverse opere nelle quali la volontà di ribaltare i ruoli e “pareggiare il conto” con il “sesso forte” è palpabile. Dalla Giuditta che taglia la testa a Oloferne fino all’episodio biblico di Giale che trapassa il cranio di Sisara con un picchetto della tenda dove il generale era accampato, Artemisia non cessa di rivendicare il ruolo centrale della donna che nelle sue raffigurazioni è ben lontana dall’essere l’angelo del focolare ma che pone se stessa al centro di un riscatto personale.

oloferneCosì il volto di Giuditta è preso in prestito da un’altra donna che morì ingiustamente condannata dal tribunale dell’inquisizione insieme a sua madre per aver assassinato suo padre, che da anni usava violenza sulle donne della famiglia: Beatrice Cenci. Una morte che fece molto scalpore tra i contemporanei e che Artemisia non tralasciò di vendicare con la sua arte che restituiva dignità alle donne oltre ad essere un pregevole esempio di stile che spesso mutava in funzione degli altri artisti con i quali veniva in contatto.

Tante storie di donne che spesso sono state sole e lasciate sole, che hanno dovuto soccombere o che hanno saputo reagire ma che hanno lasciato un segno profondo nella storia e che ispirano quello che oggi è un movimento capace di mettere al centro la donna, la sua libertà e la sua capacità di autodeterminazione contro tutte le violenze.


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