Attenti alla sindrome dell’appestato

Scuola: tra classi in quarantena e la caccia all'untore
Francesca Di Iorio - 14 Ottobre 2020

Dal 9 marzo 2020 in poi ognuno di noi ha iniziato una vita in qualche modo, anzi in molti modi nuova, l’epidemia mondiale ci ha fatto tirare una riga su tutto quello che vi era prima, relazioni, stili di vita, lavoro, scuola  e così via. Abbiamo imparato parole nuove, come:  lockdown, smart working, Dad, Dpcm…

Abbiamo cantato e ballato sui balconi, pianto davanti ai carri funebri di Bergamo e poi di nuovo sorriso quando è stata posta la fine della chiusura.

Abbiamo imparato ad apprezzare il personale sanitario per poi dimenticarne il valore. L’emergenza ha messo in luce le debolezze e la forza del nostro Paese.

Insomma tutto e il contrario di tutto, caratteristica tipica degli italiani, popolo che vive di memoria breve, abbiamo imparato veramente tutto da questa pandemia?

Si prometteva: “Ne usciremo migliori”, ma migliori rispetto a cosa?

Uno dei sentimenti più nobili che vivono e posso sperimentare negli esseri umani è la compassione,

Compassione dal latino cum patior – soffro con – e dal greco συμπἀθεια, sym patheia – “simpatia”, provare emozioni con… è un sentimento per il quale un individuo percepisce emozionalmente la sofferenza altrui desiderando di alleviarla.

Ed era per questo, che molti, come me, si aspettavano che si potesse fare un’esperienza personale e collettiva sul sentire nostro e dell’Altro, ed ecco invece, alla riapertura delle scuole si verifica l’ennesima caccia alle streghe.

Dar Ciriola

Davanti alla avvenuta chiusura di classi, (attivata secondo i protocolli del ministero) messe in quarantena preventiva a causa di una positività, alcuni genitori di bambini magari non della stessa classe in isolamento, ma che frequentano lo stesso plesso scolastico; o ragazzi frequentanti classi del fratello o sorella, della classa messa in quarantena, si innesca una vera e propria caccia all’untore, una sindrome che potremmo chiamare dell’appestato, madri che si muniscono di tamponi virtuali alla ricerca spasmodica del bimbo positivo, da isolare ed emarginare, dalla classe, dalla scuola, dal mondo.

Il protocollo indica che la quarantena è prevista solo per l’alunno che è nella classe dove si è riscontrata una positività, mentre i fratelli e le sorelle possono continuare tranquillamente la vita scolastica.

Ed ecco qui scoppiare la bomba tra le chat delle varie classi, lotte di messaggi a fuoco ardente, basate su una disinformazione totale.

Le statistiche indicano che la diffusione del virus in ambito scolastico è dell’1%, che bisogna stare a contatto con il positivo nelle 48 ore prima della manifestazione del sintomo a una distanza inferiore di 15 cm e per più di un’ora.

Un detto giapponese così recita: “Evita di comportarti come la madre delle dieci fanciulle demoni, che adorava i propri figli e divorava quelli degli altri.” E se una pandemia mondiale dove un virus ci dimostra che non vi è un muro tra me e l’altro, siamo proprio sicuri che ne siamo usciti migliori o che ne usciremo migliori?


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