Breve storia di Porcareccia

Al km 8 della via Boccea
Giorgio Giannini - 23 Maggio 2023

Il nome Porcareccia deriva dal latino porcaritia, che indica una località adatta per l’allevamento dei maiali, probabilmente perché ricca di querce, delle cui bacche sono ghiotti i “porci”. La Tenuta di porcaritia, anticamente, probabilmente apparteneva ad una famiglia patrizia romana, che aveva nella zona una Villa rustica (dove si svolgevano attività agricole e di allevamento), come ve ne erano altre lungo la Via Cornelia e la Via Boccea.

Il primo documento che ne parla è una lapide di marmo, risalente all’anno 1002, che si trova nella Chiesa romana di S. Lucia delle Quattro Porte, nella quale si menziona la donazione della Tenuta di Porcareccia, da parte di un prete, ai Canonici di via Monte Brianzo.

Nel 1192 il Papa Celestino III affida la Tenuta alle Chiese del così detto “Castello aureo”, come era chiamato allora il quartiere di via delle Botteghe Oscure. Successivamente, il Papa Innocenzo III affida una parte della tenuta all’Ordine Ospedaliero di S. Spirito, che gestiva l’omonimo ospedale. La donazione è confermata dal Papa Alessandro IV con una Bolla del 1256.

In quel periodo la Tenuta di Porcareccia è piuttosto ampia; comprende molti Fondi, tra i quali, Acqua Fredda, Casal dei Selci e Galeria.

Nella Porcareccia l’allevamento dei maiali è praticato intensamente al tempo in cui la Tenuta è di proprietà dell’Ordine di S. Spirito in quanto gli animali servono per sfamare i poveri ed i pellegrini. Per questo motivo, nel 1362 il Papa Urbano V concede, con una Bolla, che i maiali dell’Ordine abbiano libertà di pascolo in qualsiasi terreno e commina pene severe a chiunque impedisca loro di pascolare: la loro presenza nei campi è segnalata dal suono delle campanelle messe alle loro orecchie. Il provvedimento è confermato nel 1481 da Sisto IV.

In seguito alla crisi economico-fondiaria del 1527, conseguente al “Sacco di Roma” da parte delle milizie mercenarie svizzere dei “Lanzichenecchi”, parte della Tenuta è venduta ai Principi Massimo, che la tengono fino all’inizio del 1700. Poi passa ai Borghese, ai Salviati ed ai Lancellotti.

Nel XVII sec. l’Ordine Ospedaliero di S. Spirito, attraverso il “Commendatore” (Amministratore) Stefano Vai, fa costruire, su uno sperone tufaceo dove probabilmente vi erano i resti di una Villa romana, il Castello, detto di Porcareccia, che ha un grande portale di ingresso, con sopra lo stemma dell’Ordine. Nel cortile del Castello ci sono numerosi reperti archeologici, che avvalorano l’ipotesi della presenza di una Villa romana. In particolare ci sono: la stele commemorativa di un apparitor (un funzionario imperiale); una lapide funeraria con incisi due pavoni, che simboleggiano la morte; una lastra marmorea con bassorilievi; un’altra lastra di marmo con il “gioco del filetto”; vari rocchi di colonne. Nei sotterranei del Castello ci sono vari cunicoli con la volta a botte, che sono stati usati dagli abitanti come rifugio e sono in parte ancora inesplorati. Secondo una leggenda, il fantasma di un frate vi si aggira di notte.

Nelle vicinanze del Castello ci sono un paio di costruzioni a forma di torre, che sono gli sfiatatoi dell’Acquedotto fatto costruire dall’Imperatore Traiano nel 109, che capta le acque di una sorgente a Vicarello, vicino al Lago di Bracciano, per portarle nel quartiere romano di Trastevere. Mille e cinquecento anni dopo il Papa Paolo V fece restaurare l’acquedotto e nel 1612 inaugurò la celebre fontana-mostra sul Gianicolo.

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Nel XVII secolo, sulla Piazza del Castello fu costruito, dall’Ordine di S. Spirito, anche un grande casolare (chiamato Casalone) per ospitare i lavoratori della Tenuta.

Sul cortile del Castello si affaccia la chiesetta di S. Maria (consacrata nel 1693), che diventa Parrocchia nel 1937. La chiesa ha un altare in legno intagliato, costruito dai prigionieri austriaci della Prima Guerra Mondiale, che erano internati nel Castello e svolgevano lavori agricoli. Sopra l’altare c’è un quadro della Madonna della Speranza e numerosi ex voto dei reduci della Seconda Guerra Mondiale.

Nel 1909, nella Chiesa celebra più volte la messa il giovane Don Angelo Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII, che viene spesso a Porcareccia, anche per gustare “la buona ricotta” prodotta di pastori della zona. A ricordo della presenza del Papa, nel 2004 il Vescovo della Diocesi di Porto e Santa Rufina ha fatto apporre una lapide.

Poiché nel dopoguerra la Chiesa di S. Maria non era più sufficiente ad accogliere i fedeli che stavano aumentando molto, fu chiesta l’edificazione di una nuova Chiesa, che fu costruita, dall’altra parte della Piazza, davanti al Castello, all’inizio degli anni Cinquanta, dedicata a S. Gemma Galgani  mentre la Parrocchia è intitolata alle Sante Rufina e Seconda, le due sorelle martirizzate nel 257 nella località Silva Nigra (Selva Nera), che in seguito, in loro ricordo, fu chiamata Selva Candida.

Nel 1932 la famiglia Giovenale acquista il Castello.

Il 6 giugno 1944, nella Piazza si svolse uno scontro tra i soldati americani, che avevano alcuni carri armati, e le retroguardie tedesche, che avevano lasciato Roma due giorni prima, dopo 9 mesi di occupazione. Un carro armato americano fu colpito dai soldati tedeschi con un colpo di mortaio e rimase nella Piazza per molto tempo.

In prossimità della Piazza si vedono ancora i resti di un forno, chiamato Forno Saraceno, che secondo la storia tramandata da generazione a generazione, era dedicato a Guido I, Duca di Spoleto, chiamato nel 846 dal Papa Sergio II per combattere i Saraceni, che da decenni facevano scorrerie fino alla Sabina e che nell’agosto di quell’anno avevano saccheggiato le Basiliche di S. Paolo e di S. Pietro (che non erano protette da mura adeguate). I Saraceni furono sconfitti, e completamente eliminati, nella zona di Castel di Guido (al km 18 della Via Aurelia) dalle truppe del Duca di Spoleto, alle quali si erano uniti molti contadini della zona, e da allora non tornarono più.

Nel 1994 il Castello di Porcareccia è stato adottato, con il Progetto “La scuola adotta un monumento”, dagli studenti della Scuola Media statale “Carlo Goldoni” di Casalotti. Il Progetto è durato alcuni anni ed è stato concluso nel 2000 con la pubblicazione di un opuscolo, nel quale, oltre alla storia del Castello e del Borgo, ci sono anche vari disegni degli studenti, che riproducono i vari edifici ed i molti frammenti marmorei di epoca romana.

 

Giorgio Giannini


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