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Calcio in Parrocchia, campo di calcetto della Sacra Famiglia di Nazareth, a Centocelle

Sabato mattina 18 marzo 2023, vado in farmacia in via Tor de’ Schiavi a ritirare delle medicine. Di fronte alla farmacia, al civico 175,. c’è un campo di calcetto e la memoria mi porta  al 1963/1964 e al piccolo portiere di calcio che occupava le piccole porte del campo, che in quegli anni era di asfalto.

Oggi il campo di calcetto è in erba sintetica e l’ho visto mentre si stava disputando una partita di bambini intorno ai 10 anni di età. Due squadre, due allenatori e accompagnatori, genitori e altri come spettatori.

L’allenatore, della squadra dal colore celeste, ha messo in campo 5 bambini. Sin dai primi movimenti si è capito:  il portiere imposta l’azione, con le mani passa la palla, a rimbalzo controllato, al difensore alla sua destra; la squadra immediatamente si apre verso le linee laterali del campo, il centrocampista e l’attaccante rimangono larghi e sono nella propria metà campo; l’allenatore fa un segno, ogni giocatore ferma sempre la palla con l’interno piede, la sposta con la suola, la passa veloce sempre con l’interno piede; i giocatori si muovono e si scambiano di posizione e il pallone gira fra di loro; arriva la palla a centrocampista, stop di interno piede e passaggio all’attaccante; tutti i 5 giocatori si sono man mano  spostati nella metà campo avversaria e hanno sempre il pallone loro; ultimo piccolo passaggio, di interno piede, all’attaccante che non stoppa ma tira di prima intenzione.

Un’azione dietro l’altra, 5 giocatori che hanno capito i movimenti di quella età.

Non alleno più , ma il calcio mi piace sempre. Non mi piace il calcio di serie A, preferisco guardare le partite delle serie inferiori, dove non girano tanti soldi ma solo tanta passione.

Guardo l’istinto, il movimento tecnico naturale, il divertimento, il gioire per il goal fatto, il pianto per la sconfitta.

Amo il ruolo del portiere, mi delizia il centrocampista con il busto eretto, la testa alta e gli occhi che anticipano i movimenti degli attaccanti, impazzisco per la prima punta brevilinea che usa i piedi come le mani.

Si nasce con l’istinto, poi c’è bisogno di un ottimo istruttore.

Lo spettatore capisce subito se dietro la squadra c’è il “manico” giusto.

Nel secondo tempo l’allenatore, della squadra dal colore celeste, opera due cambi.

Si sente subito la tifosa da “curva sud” o da “curva nord”: era ora, dajieeeeeeeee. La mamma.

I movimenti della squadra non cambiano, l’allenatore è sempre lo stesso. È cambiata l’atmosfera.

Il bambino entrato nel secondo tempo, cerca il goal, lo vuole, lo pretende. Il pallone non entra in porta. Bravo il bambino, come gli altri, ma la mamma lo ha condizionato.

Sentendo il tifo dei quella mamma, le sue urla  ho rammentato una canzone del Quartetto Cetra del 1959, “il centrooattacco”. Per chi ha voglia di ascoltarla allego il link

https://www.youtube.com/watch?v=cswxZxQDbus

Sono passati quasi 70 anni e i sogni, non dei bambini, sono sempre gli stessi. Per il calcio dei soldi.


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