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Ex Banda della Magliana, no alla scarcerazione per il Bufalo

Il tribunale ha respinto la richiesta di scarcerazione

Marcello Colafigli, il leggendario ex membro della Banda della Magliana, rimane un soggetto pericoloso e continua a scontare la sua pena in carcere.

I giudici del tribunale del riesame hanno stabilito che, nonostante i suoi 74 anni, l’uomo che ha ispirato il personaggio del ‘Bufalo’ conserva un notevole prestigio nel panorama criminale.

Secondo il giudice Filippo Steidl, Colafigli possiede un’”eccezionale capacità delinquenziale”, motivo per cui è fondamentale che rimanga dietro le sbarre, come riportato dal ‘Corriere della Sera’.

In sostanza, il giudice ha affermato che “gli elementi probatori delineano chiaramente una personalità dedita a reati di ogni tipo, giustificando la necessità di misure cautelari di eccezionale rilevanza”.

Oltre al suo passato turbolento, pesa anche l’ordinanza recente emessa dalla direzione distrettuale antimafia e dai carabinieri, che hanno smantellato la sua banda.

L’inchiesta ha riguardato un gruppo criminale attivo a Roma, in particolare nella zona della Magliana e sul litorale laziale, guidato proprio dall’ex esponente di spicco della Banda della Magliana.

Secondo l’accusa, Colafigli, nonostante il regime di semilibertà, sarebbe riuscito a orchestrare acquisti e vendite di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti in Spagna e Colombia, mantenendo legami con figure di spicco della ‘ndrangheta, della camorra, della mafia foggiana e con albanesi inseriti in un cartello narcos sudamericano.

Il gip Livio Sabatini, che ha firmato un’ordinanza di oltre 300 pagine, ha evidenziato “l’eccezionalità dell’attitudine delinquenziale di Marcello Colafigli”, sottolineando non solo la sua abilità nel coltivare legami con importanti figure criminali e nella commissione di reati di varia natura, ma anche la sua sorprendente impermeabilità a trent’anni di detenzione, senza che né l’indole né la conoscenza delle dinamiche criminali nel territorio romano e nazionale fossero mutate.

Durante l’indagine, è emerso che ‘Marcellone’ era riuscito a mantenere contatti e a fare affari con albanesi e gruppi legati alle cosche di ‘ndrangheta. A consentire a Colafigli di operare, nonostante le restrizioni della semilibertà, è stata una cooperativa compiacente.


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