

Un libro, appena edito da Cofine, che, in tempo di covid, ci farà immergere nella deliziosa occupazione della lettura. La prefazione di Roberto Gramiccia
Per vincere la noia, in tempo di covid, e per un gradito dono natalizio giunge a proposito Il piacere dei testi di Francesco Sirleto, un libro che ci farà immergere nella deliziosa occupazione della lettura.
Nel volume (edito da Cofine, Roma, 2020), sono pubblicati articoli e brevi saggi scritti per giornali e riviste in periodi diversi. Si tratta di recensioni– scrive l’autore, molto apprezzato dai nostri lettori – di libri che «hanno suscitato, oltre al mio vivo interesse, anche quel “piacere del testo” che, apparso molto presto nella mia carriera di vorace e instancabile lettore, non mi ha mai abbandonato». Oltre alle recensioni librarie, il libro riporta articoli dedicati a concerti, a spettacoli teatrali, a viaggi. Il libro è introdotto magistralmente da Roberto Gramiccia.
FRANCESCO SIRLETO, è stato per circa 40 anni (dei quali 31 nel liceo Benedetto da Norcia) professore di storia e di filosofia. Si è occupato di storia locale e dei movimenti per i diritti alla casa e ai servizi sociali. È stato anche consigliere nell’ex VI Municipio. Tra le sue pubblicazioni: Le lotte per il diritto alla casa a Roma (1998), La storia e le memorie (2002), Quadraro, una storia esemplare (2005). Ha tradotto, dal tedesco, con P.S. Neri, il manuale di Patrologia di Hubertus Drobner (1998). Ha collaborato al Catalogo della mostra fotografica di Rodrigo Pais Abitare a Roma in periferia (2016).
Pubblichiamo qui di seguito la Prefazione al libro di Roberto Gramiccia
«Cultura non è possedere un magazzino ben fornito di notizie, ma è la capacità che la nostra mente ha di comprendere la vita, il posto che vi teniamo, i nostri rapporti con gli altri uomini. Ha cultura chi ha coscienza di sé e del tutto, chi sente la relazione con tutti gli altri esseri (…). Cosicché essere colto, essere filosofo lo può chiunque voglia.» Sono convinto che Francesco Sirleto conoscesse queste parole di Antonio Gramsci, profonde e belle, anche diverse decine di anni fa – quando ci incontrammo. Lo penso perché la cosa spiega la sua insaziabile curiosità e il suo porsi rispetto alla vita in una posizione di continua e sistematica interrogazione.
Questa consapevolezza – che è anche una delle ragioni principali della nostra amicizia – trova conforto e conferma nell’uscita di un libro quanto mai utile e opportuno in un tempo in cui, alla deriva di senso che caratterizza la nostra epoca, si aggiunge anche l’angoscia della pandemia. Per Sirleto non poteva esserci occasione migliore per raccogliere una ricca selezione di suoi scritti, fedeli testimoni non solo della curiosità ma anche della competenza, accuratezza e proprietà di giudizio che lo contraddistinguono. Si tratta di testi particolarmente interessanti se considerati singolarmente – come mi era capitato di constatare leggendoli in modo non sistematico su varie testate – ma ancora di più se presi nell’insieme, quale espressione di un “intero” che non è solo la somma delle parti ma qualcosa di più e di meglio.
Il piacere dei testi è il titolo di questo pregevole volume che giustamente pone in risalto la gradevolezza di un’esperienza di lettura di scritti della più diversa natura (letterari, filosofici, teatrali, musicali, cinematografici, relativi alle arti visive) che Sirleto intende condividere con suoi lettori, portando a termine un’operazione del tutto riuscita sotto il profilo pedagogico e letterario. L’autore alla fine dimostra senza sforzo esattamente ciò che Gramsci sosteneva: “essere colto, essere filosofo lo può chiunque voglia”. Una sfida vinta dunque, dalla parte di quelli che hanno a cuore le sorti della cultura e la considerano come un bene unico, irrinunciabile e indivisibile.
È appena il caso di osservare come Francesco Sirleto utilizzi la stessa attenzione e la stessa qualità di scrittura sia che i testi presi in considerazione siano di autori celeberrimi (Borges, Sepulveda, Mann, Sciascia, Montalban, Mishima, Soriano, Calvino, Eco, Camilleri), sia che si tratti di autori meno noti al gran pubblico italiano, ma interessanti e suggestivi come Auster, Chatwin, Rea, Paco I. Taibo II, oppure di autori che il pubblico conosce come operanti in altri ambiti (politico, sociale, ecc.) come, ad esempio, Ingrao e Rossanda.
Anche nella scelta e nella cura di testi aventi ad oggetto scritti non letterari, ma di critica d’arte (ad esempio la recensione al mio ultimo libro Se tutto è arte…), di critica cinematografica (da non trascurare le recensioni ad alcuni film di Woody Allen e/o di Paolo Sorrentino), oppure di critica musicale (i concerti dell’auditorium Parco della Musica eseguiti dalla storica orchestra di Santa Cecilia) o, infine, di pezzi dedicati ad alcune importanti opere teatrali (ne cito una per tutte: Aquiloni di Paolo Poli), l’autore dimostra una raffinata sensibilità e acutezza, unitamente a una notevole conoscenza della materia trattata.
Infine, chi si avvicinerà, con sguardo non distratto, alla scrittura di Francesco Sirleto non potrà non accorgersi che il punto di vista dal quale egli muove nell’esaminare i prodotti della letteratura, delle arti visive, della musica, del cinema, del teatro, è rappresentato, indubbiamente, da quella sezione della filosofia che si denomina, dal XVIII secolo in poi, Estetica (o filosofia dell’arte). Un punto di vista che consente di collegare l’arte in generale, e le singole discipline artistiche, sia con la natura, in tesa in senso lato, sia con la realtà storico-sociale, che le condiziona esercitando un’influenza molto spesso soffocante. Influenza dalla quale l’arte tenta in tutti i modi di emanciparsi, nell’incessante ricerca della libertà di espressione e dell’indipendenza di giudizio.
Concludere con la raccomandazione di leggere con attenzione questo bel libro potrebbe apparire superfluo. Non credo che lo sia, però, in un periodo in cui tendono a prevalere pulsioni indirizzate alla dittatura del superfluo se non addirittura del dannoso. In una congiuntura, oltremodo pericolosa per il nostro futuro, in cui le ragioni di un possibile Umanesimo del ventunesimo secolo (l’unico in grado di salvarci) vengono ignorate, se non addirittura derise. Se lo leggerete farete una cosa buona. E, vi assicuro, non vi costerà fatica. Questa è in fondo la lezione di questo libro: leggere non è solo utile, leggere è un piacere. In questo caso un insieme di piaceri: i piaceri dei testi.
Roberto Gramiccia
Le foto presenti su abitarearoma.it sono state in parte prese da Internet, e quindi valutate di pubblico dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, non avranno che da segnalarlo alla redazione che le rimuoverà.
Caro Francesco, mi colpisce sempre il tuo spaziare in contesti eterogenei. Ciò presuppone un’apertura mentale non ordinaria. Ci stiamo ghettizzando in saperi sempre più parcellizzati, perdendo, ahimé, di vista l’insieme, la comprensione olistica della realtà. Tu vai in controtendenza. Grazie. P. S. Neri.