L’uso dei droni: dal lockdown alla fase 2 ed oltre
Intervista all’Ing. Alessandro Cardi, vice Direttore Generale dell’ENAC (Ente Nazionale Aviazione Civile)Dentro, noi. Fuori, il cielo infinito. Abbiamo messo via il frastuono di un’esistenza impaziente e, nella lentezza dei tramonti primaverili in salotto, ci sembra più facile sognare. Abbracciati alle fotografie scattate alla nostra città vuota, appoggiati alla realtà digitale, elaboriamo ipotesi di un futuro migliore, che volano nel blu dipinto di blu.
Sfidando i nostri sogni, sulla scia dei più audaci pensieri, la nuova tecnologia dei droni ci amplifica lo sguardo, accorcia i tempi e consente di abitare l’inaccessibile. Ma torniamo con i piedi per terra, e chiediamo all’Ing. Alessandro Cardi, vice Direttore Generale dell’ENAC (Ente Nazionale Aviazione Civile) quali sono oggi i principali campi di applicazione dei droni.
”I droni oggi stanno avendo un uso molto ampio – spiega l’ing. Cardi – I settori maggiormente interessati sono quelli legati all’uso di videocamere per filmati e fotografie, ad esempio, per motivi professionali nel giornalismo.
La videocamera dei droni è utile per le riprese cinematografiche e per quelle archeologiche.
In città si usa allo scopo di verificare lo stato di degrado e di manutenzione di un palazzo o di un monumento, oppure per motivazioni più tecnologiche come misurare le perdite di calore di un edificio e scoprire dove intervenire per contenere le perdite ed aumentarne l’efficienza.
La tecnologia dei droni si applica anche nella verifica su grandi infrastrutture come i ponti sulle autostrade, le ferrovie, le dighe.
Non solo restituiscono un risultato di immagine e dati in tempi molto rapidi ma evitano all’uomo di esporsi a pericoli potendo agire da remoto”.
Le ultime novità dal punto di vista tecnologico quali sono?
“Il settore è in continua crescita. Le novità stanno oggi nel fornire una capacità di controllo su grandi distanze, quindi non più un volo con il drone a vista e posizionandolo dove serve, ma l’utilizzo del drone non più in vista, la cui posizione è nota da schermo. Il drone vola seguendo una rotta predeterminata senza bisogno che il pilota intervenga. Questo per esempio può servire per controllare chilometri e chilometri di linee aeree, gasdotti, autostrade, per verificarne i flussi e i punti di accumulo. Ma ci sono anche applicazioni di grande valore sociale, ovvero la creazione di network tra ospedali, pronti soccorso, farmacie e tutta una serie di luoghi deputati alla salvaguardia della vita umana.
I droni trasportano materiale biologico o un medicinale urgente, da un punto all’altro dei luoghi deputati alla sanità o da una farmacia ad una frazione isolata.
Stiamo lavorando con delle piattaforme tecnologiche evolute insieme all’ENAV proprio per dare spazio a queste applicazioni. Si tratta di progetti con ospedali di rilievo, dal Bambin Gesù al Fatebenefratelli al San Raffaele”.
La pandemia ed il conseguente distanziamento sociale ha reso auspicabili le consegne a domicilio in modalità contactless di beni di prima necessità. I supermarket non hanno saputo dare una risposta adeguata alle nuove urgenti richieste del consumatore, la nuova tecnologia dei droni in questo contesto poteva essere d’aiuto?
“Questa pandemia ci ha insegnato un po’ di cose.
Siamo impreparati, non ci sono ancora quelle dotazioni tecnologiche che consentono di fare certe operazioni. Queste vanno preparate, anche per evitare che più droni che si muovono nella stessa area possano scontrarsi o avere dei problemi di interferenza.
Oggi stiamo utilizzando i droni per il monitoraggio delle persone che vanno in giro in maniera impropria, tutti i Comuni si stanno attrezzando per poter garantire questa funzione di controllo e di avviso, con gli altoparlanti possono essere lanciati avvisi a distanza con buona efficacia.
Abbiamo quindi facilitato l’uso dei droni da parte delle polizie municipali per il controllo territoriale volto ad evitare concentrazioni di persone. Se pensiamo che l’uso di un drone costa infinitamente meno di un elicottero, è presto fatto, se ne possono avere dieci, venti, trenta e quindi avere un controllo molto più capillare.
Anche durante la fase 2, a maggior ragione si useranno, ci sarà una maggiore flessibilità e questa cosa andrà accompagnata da un rigoroso controllo affinché ci sia un corretto recupero delle libertà che avevamo prima”.
Per quanto riguarda l’uso dei droni da parte dei privati, è stato regolamentato?
“Il fenomeno dell’uso privato dei droni lo stiamo regolando oggi, in previsione di un regolamento europeo che ne disponga la registrazione con l’utilizzo delle stesse regole per tutti. Abbiamo recentemente adottato un emendamento al nostro regolamento imponendo, non più solo per l’uso di droni professionali ma anche per droni ad uso ricreativo, alcuni obblighi di registrazione e di conoscenze”.
Può spiegare meglio?
“Per i droni ricreativi abbiamo introdotto l’obbligo della registrazione, sono ufficialmente aeromobili senza pilota come lo sono tutti gli altri e quindi sono assoggettati alle regole dell’aviazione civile.
La registrazione avviene sul nostro registro informatico ed è obbligatorio, per chi deve pilotare un drone, acquisire un attestato di competenza.
Questo attestato si acquisisce attraverso lo studio di un syllabus che abbiamo sviluppato e messo a disposizione sul sito D-FLIGHT. C’è poi un test, sempre online, da superare”.
Parliamo di droni che hanno un peso specifico?
“Sì, parliamo di droni che hanno un peso maggiore di 250 grammi. Un peso giudicato, a livello europeo, di soglia perché, associato alle velocità, sotto questo peso l’energia cinetica (quindi l’energia che si trasferisce in caso di urto) è tale da non creare danni particolari a persone. In pratica si tratta di una soglia di pericolosità”.
Come immagina che in futuro potrebbe cambiare la nostra vita quotidiana con l’uso di questi strumenti?
“L’uso di queste tecnologie porterà a una diversa concezione del modo di vivere.
Un esempio concreto: noi stiamo lavorando su un progetto di ricerca che finanziamo per un milione di euro per l’organizzazione di una rete logistica per il trasporto di merci. Parliamo di droni di un certo livello, parliamo di merci di un carico di 50 ma anche 100 kg, quindi di qualcosa che dovrebbe integrare o sostituire l’uso dei furgoni che girano per le città. Si tratta di una rete basata su droni che da fuori città (da uno stabilimento o un magazzino, o da un aeroporto dove è arrivata la merce) possono trasportare i prodotti nel tessuto cittadino, per poi lasciare liberi magari gli ultimi 100 metri per una consegna fatta a piedi o in bicicletta.
Questo progetto ha una duplice valenza sia sotto il profilo tecnologico e di nuove modalità di trasporto, sia sotto il profilo ambientale.
Inoltre stiamo lavorando insieme al Ministero dell’Innovazione Tecnologica e al Ministero dei Trasporti, a tutto un nuovo concetto di Urban Air Mobility (mobilità aerea urbana), un fenomeno che sta appassionando le autorità europee.
È una nuova sfida: come far cambiare il modo di muoversi e di consegnare, fino al concetto di trasporto di persone, quindi agli aerotaxi, ovvero taxi cittadini che collegano vari punti della città con mezzi che possono essere sia pilotati che, in prospettiva, non pilotati. Tecnologicamente i mezzi ci sono già ora, bisogna vedere se il sistema è abbastanza sicuro. Un conto è far volare un mezzo e un conto è farne volare 50 nello stesso ambiente. L’intelligenza artificiale avrà un ruolo molto importante”.
Azzardiamo una data per questo “Ritorno al futuro”?
“Faccio una scommessa: ci saranno cose importanti realizzate entro il 2025”.
I droni e l’amore
Intanto a Brooklyn (NY), un giovane fotografo vede una ragazza ballare sulla terrazza del grattacielo di fronte, e decide di provarci. Lo fa inviandole un drone col suo numero di telefono.
L’insolito piccione viaggiatore raggiunge lo scopo e la ragazza accetta il primo invito a cena in balcone con FaceTime.
Il resto ormai è storytelling che gira per il web.
Lui è Jeremy Cohen, lei è Tori, il drone è il vero autore della più famosa Quarantine Love Story.