

Questa mattina, una gigantesca figura di maiale in cartapesta ha fatto capolino in piazza Montecitorio, nel cuore di Roma, accompagnata da uno striscione che recitava: “Onorevoli, non potete più ignorarmi!“.
Un messaggio chiaro e provocatorio, indirizzato al Parlamento italiano, da parte di un gruppo di attivisti e attiviste di Greenpeace Italia, che hanno voluto accendere i riflettori sulla proposta di legge “Oltre gli allevamenti intensivi”, presentata alla Camera ormai un anno fa.
La legge, frutto di una collaborazione tra Greenpeace, Lipu, ISDE–Medici per l’ambiente, Terra! e WWF Italia, si propone di promuovere una transizione agro-ecologica nel settore zootecnico, chiedendo un radicale cambiamento del sistema agricolo in Italia. Il progetto è rimasto però bloccato in Commissione Agricoltura, e le organizzazioni promotrici chiedono che la discussione venga finalmente calendarizzata per una vera riflessione parlamentare.
Simona Savini di Greenpeace ha spiegato il cuore della proposta: «Il nostro obiettivo è una trasformazione radicale del sistema zootecnico italiano, con il supporto normativo e finanziario adeguato per aiutare le aziende agricole a passare da un modello intensivo a uno agro-ecologico», ha dichiarato. Un cambiamento che, secondo Greenpeace, è diventato ormai irrinviabile, e che deve coinvolgere tutti i soggetti: politica, scienza, agricoltura e associazionismo.
Gli allevamenti intensivi sono responsabili, come sottolinea Greenpeace, di enormi sprechi di risorse: il 70% dei terreni agricoli e oltre i due terzi dell’acqua destinata all’agricoltura in Europa sono impiegati per produrre mangimi per gli animali. Risorse che potrebbero essere utilizzate per alimenti destinati al consumo umano o per il ripristino degli ecosistemi naturali. Ma non solo.
Gli allevamenti intensivi producono inquinamento: i liquami derivanti dalle stalle contaminano terreni e acque, con effetti devastanti soprattutto in zone ad alta densità zootecnica come la Pianura Padana, dove, a causa delle emissioni di ammoniaca, si formano le polveri sottili PM2.5, responsabili di circa 50.000 morti premature ogni anno in Italia.
Nonostante le evidenti problematiche, gli animali allevati annualmente nel nostro Paese sono oltre 700 milioni. Una cifra da iperproduzione che favorisce la grande distribuzione e l’export, ma penalizza le piccole aziende agricole. Negli ultimi 15 anni, le aziende agricole di grandi dimensioni sono raddoppiate, mentre quelle piccole e medie sono dimezzate, con una perdita di 350.000 posti di lavoro.
Mentre in Parlamento la proposta di legge sembra quasi ignorata, l’iniziativa ha comunque riscosso 23 adesioni bipartisan da esponenti di cinque forze politiche, e Greenpeace ha raccolto oltre mezzo milione di firme a sostegno dell’iniziativa, continuando a monitorare e denunciare gli impatti sempre più gravi degli allevamenti intensivi.
«La protesta di oggi ha lo scopo di dare voce ai numerosi problemi legati agli allevamenti intensivi, confermati dalla scienza e riportati dettagliatamente nella proposta di legge», conclude Savini. «Il testo mette al centro un modello zootecnico sostenibile che garantisce equità per i produttori e cibo sano per tutti. Ma serve un coraggioso cambiamento politico, che destini le risorse ora impiegate nel sistema intensivo a una riconversione agro-ecologica. La proposta è sul tavolo, sostenuta da centinaia di migliaia di persone e numerose organizzazioni. Ora è il momento di capire se i politici italiani sono pronti a raccoglierla».
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