Nascita di un quartiere: alle origini di Torpignattara (Seconda parte)

Sviluppo urbanistico e sociale negli anni Venti e Trenta del ‘900. Il ruolo dell’immigrazione proveniente dal Lazio meridionale e da altre regioni

Abbiamo accennato, nella prima parte di questo articolo, all’enorme incremento demografico che il quartiere di Torpignattara subisce fin dalla sua nascita, successivamente alla prima guerra mondiale e per tutti gli anni Trenta, cioè fino allo scoppio della seconda guerra mondiale.

Incremento demografico che si riflette anche nella massiccia urbanizzazione: case di qualità modesta e in buona parte auto-prodotte, strade la maggior parte delle quali prive di marciapiedi e non lastricate, ma anche aumento delle attività artigianali, degli esercizi commerciali, nonché apertura di servizi essenziali quali scuole elementari e parrocchie.

scuola_pisacane-300x225A proposito delle scuole, dopo l’apertura nel 1925 dei cosiddetti “baracconi” sulla via Casilina, all’altezza dell’attuale edificio ASL (meglio conosciuto come ex Ufficio d’Igiene), chiamati così perché precarie costruzioni in legno, il Governatorato di Roma decise, circa un anno dopo, di costruire una vera scuola in muratura in località però decentrata rispetto al cuore del quartiere, in una viuzza situata a quel tempo in aperta campagna: via Gino Dall’Oro. La scuola, intitolata al poeta e scrittore, precursore del fascismo, Alfredo Oriani (dopo la guerra sarà invece intitolata all’eroe risorgimentale Ciro Menotti), entrerà in funzione solo con l’anno scolastico 1929-1930, ma si rivelerà del tutto insufficiente ad accogliere l’ormai accresciuta popolazione scolastica. Tanto è vero che centinaia di bambini continueranno a frequentare i “baracconi” oppure aule provvisorie, prese in affitto dal Governatorato direttamente in edifici e condomini privati, sparse in varie strade del quartiere: via Cencelli, via Serbelloni, via Rovetti. Di conseguenza lo stesso Governatorato negli anni Trenta sarà costretto a finanziare la costruzione di una nuova scuola, sita su via dell’Acqua Bulicante e più a ridosso delle principali arterie lungo le quali si sviluppa il quartiere. Tale scuola, intitolata ad un eroe fascista caduto nella guerra d’Africa Orientale, il tenente Luigi Michelazzi (dopo la guerra sarà intitolata anch’essa ad un eroe del Risorgimento, il napoletano Carlo Pisacane), verrà inaugurata ed entrerà in funzione all’inizio dell’anno scolastico 1939-1940.

Anche per quanto concerne le parrocchie il percorso è analogo. Dopo l’inaugurazione, nel 1922, della nuova (nuova perché esisteva già, fin dal 1765 una chiesetta con lo stesso nome, costruita a ridosso del mausoleo di Sant’Elena) chiesa dei Santi Marcellino e Pietro, il vicariato di Roma deve correre ai ripari perché la cifra di più di 30.000 fedeli non può più essere sopportabile dall’unica parrocchia del quartiere.

225px-Prenestino_Labicano_-_S._Barnaba_apostolo_04Perciò, nel 1932, viene inaugurata, nella zona Marranella, la seconda chiesa, eretta a parrocchia, del quartiere: è dedicata a San Barnaba, ed è destinata ad accogliere il grosso dei fedeli del quartiere, perché più centrale. Tuttavia la costruzione, prevalentemente in legno, risulterà ben presto inadeguata e, di conseguenza, dopo la seconda guerra mondiale, sarà sostituita da un più grande e solido edificio in muratura, quello che, a sessant’anni di distanza, è ancora possibile ammirare in tutta la sua imponenza tra le vie Antonio Tempesta e Leonardo Bufalini.

Ma, per tornare all’incremento demografico, chiediamoci quali siano e da dove provengano le ondate immigratorie che ne sono la causa determinante; e, soprattutto, di quale tessuto sociale tali ondate sono costituite. La risposta a quest’ultima domanda è semplice: si tratta, prevalentemente, di ex contadini provenienti dalla Ciociaria e dal vicino Abbruzzo, ma anche dalla Puglia, di operai edili originari dell’Umbria, delle Marche, di artigiani e operai industriali provenienti dal Veneto e occupati nella vicina fabbrica (sita sulla Prenestina, presso Largo Preneste) di seta sintetica Snia Viscosa.

Una quota non trascurabile, almeno a partire dal 1930, è costituita da veri romani “sradicati” dal centro storico a seguito degli sventramenti operati dal fascismo: il “piccone demolitore” è già all’opera lungo la via dell’Impero, lungo via del Mare, lungo quella arteria dedicata a celebrare i Patti Lateranensi del 1929, cioè l’attuale via della Conciliazione, iniziata nel 1930 e terminata solo nel 1950.

Questi ultimi “sradicati” furono coloro che, per un motivo o per l’altro, rifiutarono di andare ad abitare in una delle cosiddette nuove “borgate” (come la Borgata Gordiani, vero e proprio campo di concentramento) costruite appositamente dalle autorità fasciste per accogliervi i cacciati dal centro storico.

copLe storie di questa prima grande immigrazione sono state pazientemente ricostruite nel bel libro della studiosa di storia contemporanea Stefania Ficacci (nata e cresciuta nel quartiere), dal titolo Torpignattara, pubblicato nel 2007 dalla casa editrice Franco Angeli. A tutti coloro che, come me, sono appassionati di storia urbana, consiglio vivamente la lettura di questo testo, risultato di un lavoro paziente e attento di anni, nel corso dei quali l’autrice ha raccolto decine e decine di testimonianze orali dalla viva voce di anziani cittadini del quartiere.

Questa fu la prima grande ondata immigratoria, alla quale si deve il vero e proprio sviluppo urbanistico di Torpignattara; ad essa seguirà quella degli anni Cinquanta e Sessanta, i cui protagonisti furono soprattutto i migranti dall’Italia meridionale (Puglia, Calabria, Sicilia); seconda ondata che si esaurirà a metà degli anni Settanta.

Successivamente vi sarà una lunga stasi, durata circa vent’anni, fino alla metà degli anni Novanta.

Da allora prenderà il via la terza ondata immigratoria: dall’Africa settentrionale (marocchini ed egiziani), dall’Europa dell’Est (albanesi e romeni), dal lontano Oriente (Bangladesh, India, Pakistan, Cina). Torpignattara è stata, è, forse resterà, meta di grandi fenomeni migratori.


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Un commento su “Nascita di un quartiere: alle origini di Torpignattara (Seconda parte)

  1. Ci sono nato e cresciuto e lo ricordo come un bel periodo della mia vita. Ripassando ora in via di Torpignattara per me è deprimente e irriconoscibile.

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