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“Il Nome della Rosa” in scena per la prima volta in Italia al Teatro degli Audaci

Il complesso romanzo portato sul palco per omaggiare la memoria di Umbero Eco scomparso nel febbraio 2016

Non si esagera se la si definisce una serata storica. Teatro Degli Audaci in via Giuseppe De Santis 29 (Porta di Roma), è qui che per la prima volta è stato portato sul palco “Il Nome della Rosa”, un omaggio per l’autore dell’omonimo romanzo Umberto Eco scomparso nel febbraio 2016.

Nessuno mai l’aveva portata sul palco questa opera, loro si, gli “audaci”, e non è un caso se Flavio De Paola ha deciso di chiamare il teatro proprio così. La trama del romanzo è celeberrima, ma la rivisitazione adottata risulta interessante e non stucchevole. E’ un susseguirsi di maschere durante lo spettacolo che richiama alla mente il “papà” del teatro, quello greco. Senza raccontare troppo dello spettacolo si può affermare senza ombra di dubbio che merita di essere visto, quel coraggio di portare sul palco quest’opera va premiata perché il risultato è un prodotto di qualità.

A fine spettacolo ci siamo soffermati con il direttore artistico Flavio De Paola – nello spettacolo ricopre i ruoli di Guglielmo da Baskerville ed Adso da Melk, lui si potrebbe definire l’audace tra gli audaci dato che è il creatore di questo teatro – e con il regista Pablo Maximo Taddei, rivolgendogli delle domande per un’intervista esclusiva.

il-nome-della-rosa_20160922115831Come mai avete deciso di portare in scena “Il Nome della Rosa”?

De Paola: “In primis per omaggiare la recente scomparsa di Umberto Eco, è stata un’idea di Pablo che subito dopo il triste evento della scomparsa di Eco mi ha proposto questa cosa e guardandoci ci siamo detti perché no… abbiamo scelto ovviamente il suo libro famoso in tutto il mondo, dato che lo hanno annoverato tra i primi 100 libri più letti al mondo. Di sicuro un’impresa non semplice dato che in Italia nessuno lo aveva mai rappresentato a teatro, però io essendo audace ho deciso di provare e Pablo mi ha assecondato. Sicuramente, rimarrà traccia storica che per la prima volta in Italia “Il Nome della Rosa” è andato in scena al Teatro degli Audaci.”

In un’intervista Eco disse: “Quando ho scritto questo romanzo, il romanzo sperimentale era ad un punto zero, la pittura al punto della tela bianca, la poesia al punto della pagina vuota, la musica al punto del silenzio, la narrativa al punto di non ritorno”. La vostra chiave di lettura su tutto questo qual è?

Taddei: “Inizierei col dire che per fare grande teatro non bisogna fare teatro, per fare la grande musica non bisogna fare musica, per fare la grande pittura non bisogna fare la pittura, nel senso che bisogna essere “oltre” nel pensiero, mi spiego meglio, quando Maradona faceva una finta non pensava -da argentino non posso che pensare a Maradona (sorride)- tutto questo per dire che secondo me nel non pensare si costituisce l’opera d’arte, ovviamente dietro a tutto questo eccesso di linguaggio c’è anche un grande studio, come a dire “l’improvvisazione non si improvvisa.”

De Paola: “Come si è potuto vedere la chiave che ha voluto dare anche Pablo è proprio questa idea di prendere spunto dalla poetica di Aristotele, si fanno molti riferimento all’Antica Grecia laddove è nato il teatro. Lui lo ha voluto chiamare carnevale gotico per tutte queste maschere utilizzate e l’intento era proprio riportare alla mente la classica tragedia greca e quindi raccontare tramite il libro che non doveva essere letto da nessuno proprio questa idea.”

Questo testo viene utilizzato nelle scuole e spesso viene anche fatto vedere il film, peccato che spesso a dei ragazzini di 11-12 anni arriva poco, comprendono quasi nulla, proprio per la complessità del manoscritto. Avete pensatoio futuro di portarlo nelle scuole questo spettacolo, con un adeguato adattamento al pubblico?

De Paola: “Intanto abbiamo debuttato… questa era la cosa primaria. Secondo me l’operazione scolastica potrebbe essere senz’altro fattibile, anzi magari ci puoi dire tu da spettatore se può essere comprensibile e godibile, noi siamo di parte… (sorride).”

Taddei: “Io credo semplicemente che le maschere toccano l’anima delle persone, perciò previa spiegazione con gli insegnanti penso che possa essere una valida idea.”

Un giudizio da entrambi, come sta cambiando il teatro?

De Paola: “In maniera brutta. Il teatro ma secondo me anche la società, non per vedere il bicchiere mezzo vuoto, anzi io sono un audace appunto, ho costruito un teatro da zero in un periodo di crisi nera che sta continuando, ma penso ci sia un cambiamento non positivo nella nostra società perciò teatralmente figuriamoci.

Purtroppo nessuno più alimenta il teatro, nessuno vuole più che si sogni, quindi qualsiasi cosa uno vuole creare, intorno a se sembra fatto tutto apposta per non fare andare avanti nulla, per non “costruire” nulla. Le Istituzioni non finanziano più, se finanziano lo fanno sempre verso cose grandi e alle volte inutili, a discapito di realtà come la nostra che è più che viva in un quartiere dove io sono osteggiato da cinque dalle Istituzioni di questo Municipio, forse c’è qualcosa sotto che non giova a loro, non so. In un’altra città sarei stato premiato con una medaglia all’onore, per usare una metafora, perché se pensi io ho costruito questo teatro e magari tra vent’anni se io smetterò diventerà del Municipio, regalato, però mi si fa la guerra e continuano a farmi la guerra, la risposta è questa, la tristezza.

Quello che mi fa andare avanti anche quando sono disperato perché vivo cose inenarrabili sul mio teatro è che entro in platea e vedo persone di diverse età che mi ringraziano e mi dicono “finalmente! qui non sapevamo cosa fare”, questa è la mia forza. Io la vedo un po’ come nello spettacolo de “Il Nome della Rosa” dove il libro della conoscenza veniva occultato e qui il sogno deve essere distrutto perché sennò loro non possono mettere le mani.”

Taddei: “Mah, direi “compro quindi sono” cioè il centro commerciale qui dietro. Perché studere dal latino significa desiderare e qui non fanno desiderare più, è questo il punto.”

Avete pensato in futuro di interpretare Il Mastino di Baskerville dato che è parente in un certo senso di questa opera di Eco?

Taddei: “E’ bellissimo. Però anche qui dobbiamo parlare di poteri forti. Per esempio nel portare in scena Il Nome della Rosa si sono creati molti ostacoli dall’alto, e qui ci fermiamo…”

De Paola: “Si… per adesso ci fermiamo, se poi sarà il caso ne parleremo, dato che con Il Nome della Rosa abbiamo toccato i poteri forti…”

Dal 1300 ad oggi quanto è distante e fantasiosa questa storia?

Taddei: “Molto vicina, io direi molto vicina. Noi ci portiamo dentro nel nostro inconscio il senso di colpa, la sessualità frustrante, quindi è molto vicina. Eduardo Galeano diceva che quando noi siamo piccoli siamo pagani, cioè vediamo Dio in tutte le cose perché vediamo anima in tutte le cose come diceva Baudelaire , per carità profondo rispetto per chi crede, ma come diceva il filosofo “grazie a Dio sono ateo” però a mio avviso i monoteismi hanno creato delle forti castrazioni sociali e psicologiche.”

De Paola: “E’ molto vicina… (sorride)”

De Paola quanta empatia ha avuto con il personaggio di Guglielmo da Baskerville?

“Io sono abituato a lavorare con il metodo di Pablo perché abbiamo già collaborato con altri spettacoli, è un metodo di lavoro molto interessante per l’attore. Sicuramente l’attore si plasma attraverso la storia ecc. ma il metodo di Pablo mira proprio a non far immedesimare l’attore, possiamo dire che è un po’ una tecnica che porta a distaccarsi l’attore dal personaggio, questo perché l’attore è presente, vigile, e trova attraverso le voci e la postura un determinato personaggio. Possiamo dire che il personaggio lo senti in un altro modo, lo racconti e non lo vivi.”

L’ultima domanda per entrambi, probabilmente la più importante, perciò ci si aspetta una risposta importante. Immaginate di avere un bambino davanti come gli spiegate cos’è il teatro?

Taddei: “Io lo posso riassumere in due parole: se io cammino per strada e vedo due persone che litigano mi fermo. Se io cammino per strada e vedo due persone che ridono non mi fermo. Se io vado in un parco mentre stanno facendo uno spettacolo dove tutti ridono mi fermo. Se vedo sulla scena due che litigano non mi fermo perché lo dovrei vedere dall’inizio per capire perché litigano. In sintesi, il teatro ti chiede di pensare ai perché, ecco qual è la differenza tra realtà e teatro.”

De Paola: “Io sono ispirato più ad Eduardo che diceva “il teatro è qualcosa di magico che il pubblico non deve capire”, con un bambino in un certo senso è molto più facile il teatro, perché se lui in quel momento sul palco fa il Re, lui è realmente il Re, si sente realmente il Re. Se riesci a catturare l’attenzione del bambino hai vinto, sei riuscito nel tuo scopo, perché il bambino non lo inganni, perciò per catturare la sua attenzione bisogna essere bravi sul serio.”

Ci congediamo sia da Taddeo che da De Paola pensando che qui, nel Teatro degli Audaci, si respira quella magia teatrale che solo tanta passione può dare. Non sono solo audaci, sono anche bravi, provare per credere.

Sognare è essenziale, sognare è fondamentale in ogni frammento della vita, farlo in maniera cosi “audace” probabilmente è ancora più bello.


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