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Perché Ischitella, perché Pietro Giannone?

Le curiosità di un Premio letterario nazionale per poeti nei dialetti d’Italia giunto alla XV edizione

Perché Ischitella? è presto detto. Fa parte di un progetto che si prefigge di far diventare questa cittadina del Gargano la piccola patria dei poeti nelle diverse lingue d’Italia, ma preferiamo che le motivazioni le leggiate in questo PDF http://www.poetidelparco.it/pdf/15PoetixIschitella.pdf

Perché Pietro Giannone? Perché è il personaggio più illustre di Ischitella (dove è nato nel 1676 e vissuto nei primi 18 anni della sua vita) e del Gargano e l’indicazione del suo nome nell’intitolazione del Premio vuole mantenere viva la memoria di una delle più grandi personalità europee vissute.

Questo legame è ulteriormente rafforzato dalla presenza come presidente onorario nella Giuria del Premio, fin dalla sua nascita, dell’avv. Franzo Grande Stevens che di Pietro Giannone è discendente, come meglio comprenderemo dalla lettura del capitolo che segue tratto dal libro Franzo Grande Stevens di Giovanni Stella, Aragno Editore 2017 (pp. 93-95).

 

Pietro Giannone

“Nelle vene di Franzo Grande Stevens scorre il sangue di colui che fu filosofo, storico e giurista, uno dei più importanti esponenti dell’Illuminismo italiano: Pietro Giannone, nato a Ischitella nel 1676 ed avo della nonna materna – Francesca Giannone – di Franzo.

Nel 2004, il Consiglio comunale della città che diede i natali a codesto grande Illuminato italiano, decise di conferire la cittadinanza onoraria a Franzo Grande Stevens, consegnandogli le chiavi della città.

FRANZO GRANDE STEVENS

In tale memorabile occasione, Franzo Grande Stevens ricordò cosi l’illustre avo:

La fierezza e l’orgoglio della famiglia di mia nonna materna – Francesca Giannone – nell’affermare la sua discendenza da Pietro Giannone, m’hanno valso il grande onore che ho ricevuto oggi: l’elezione a vostro concittadino.

Ma la figura che aleggia con gli onori dovuti in questo incontro, figura alla quale sono rivolti i nostri cuori e le nostre menti e riservato il nostro commosso ricordo è quello di Pietro Giannone che nella storia dell’umanità ha poche figure comparabili. Una qualità dell’illustre nostro concittadino primeggia sulle altre: l’inflessibile coerenza che l’ha accompagnato tutta la vita.

A Napoli, dove da questa bella terra l’avevano portato i Suoi talenti, raggiunte fama e agiatezza nella professione forense, fu incoraggiato da grandi Maestri a scrivere in anni di fatica dell’“Istoria Civile del Regno di Napoli” pubblicata nel 1723 con “licenza dei Superiori”. Quest’opera fu all’origine delle Sue traversie e, nello stesso tempo, il banco di prova del Suo carattere.

Da quel momento l’Uomo di grande intelletto, di religiosità profonda, di probità e di lealtà cristalline, d’improvviso ebbe contro inattese e soverchianti ragioni di Stato e di potere, invidie e calunnie di corporazioni ed individui, arroganze ostili di dichiarati nemici e tiepidezze ambigue di chi Gli era stato amico e l’aveva all’inizio sollecitato a scrivere e pubblicare la Sua opera.

Pur costretto ad abbandonare l’amata professione di avvocato, a cercare riparo altrove, ad andare ramingo di città in città in ristrettezze economiche, a provare “come sa di sale lo pane altrui” non rinunciò ad riaffermare la verità che le Sue ricerche avevano dimostrato.

Lungo le tappe del Suo esilio – Vienna, Venezia, Modena, Milano, Ginevra – sebbene la Sua fama si spandesse in Europa e la Sua opera venisse tradotta in più lingue, conservò sempre l’orgoglio di quella Sua modestia che Gli aveva fatto rifiutare la cattedra di diritto civile offertaGli all’Università di Padova. Aveva declinato la proposta, rispondendo di non avere la preparazione adeguata per rendersene degno. Altri due grandi uomini del nostro Meridione fecero lo stesso “gran rifiuto”: Benedetto Croce ed Enrico De Nicola.

Dalla Sua non aveva che la forza delle idee giuste, la Sua dignità, la Sua superiore intelligenza ma nulla esse poterono contro l’interesse di Stato dei Savoia che, catturatolo con l’inganno, lo tennero ostaggio fino alla morte per compiacere il Papato e servirsene quale utile pegno di favorevoli trattative.

Ma le idee non si riesce ad ucciderle: e quela della separazione del potere temporale dal potere spirituale non morirono. Ad esse s’ispirarono a lungo gli illuministi e più tardi anche Cavour nel Risorgimento pronunciò la celebre frase “Libera Chiesa in libero Stato”.

Tardive sono state le resipiscenze, ritrattazioni, palinodie, anche quelle postume di Carlo III il quale, guidato dal suo Ministro illuminato Bernardo Tanucci, assicurò al figlio di Pietro Giannone un appannaggio vitalizio.

Ecco perché gli onori che, con la cittadinanza onoraria, attraverso di me oggi recate al nostro più grande concittadino ed il riconoscimento, che con il dono del Suo busto, gli ha recato anche il Comune di Torino, mi riempie di gioia.

Questa è la conferma che le idee del grande illuminista d’Ischitella sono immortali e che solo quel che invece di mortale era in Lui, giace nella fossa comune del Cimitero della Cittadella di Torino.

Grazie.

 

Ringraziando l’Editore Aragno e Giovanni Stella, rinviamo, per altre curiosità al PDF già indicato http://www.poetidelparco.it/pdf/15PoetixIschitella.pdf

 

Segnaliamo anche questo video del 2007 in cui il sindaco di Settimo Corgiat, Franzo Grande Stevens e l’assessore ischitellano Pietro Comparelli parlano del Premio Ischitella-Pietro Giannone


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