

Dopo 56 anni di attività si è definitivamente abbassata la serratura dell’alimentari Di Carlo
Quando, dopo 56 anni di attività si è definitivamente abbassata la serratura dell’alimentari Di Carlo, in molti hanno pensato “ecco un altro pezzo di Torpignattara che se ne va”.
Non bastava la sporcizia, la carenza di verde fruibile, la scarsità dei luoghi di aggregazione e di iniziative culturali, anche un’offerta commerciale dequalificata e dequalificante concorre a certificare la latitanza delle istituzioni da queste parti. Eppure non manca certo il potenziale.
A partire dalla qualità architettonica e da una storia di tutto rispetto che affonda le radici nell’epoca romana e tocca la seconda guerra mondiale quando Torpignattara era una roccaforte della Resistenza.
Ma evidentemente è un territorio sacrificabile, dimenticato, fuori dai radar istituzionali. Un politico, sollecitato sulla questione, in un momento di sincerità ha risposto “siete considerati territorio di risulta” come a dire rassegnatevi, difficilmente avrete accesso ad un serio progetto di riqualificazione, al massimo vi arriverà qualche promessa a ridosso delle elezioni.
Così si spiega perché da queste parti la speculazione vince sempre sull’interesse collettivo. Poco tempo fa Legambiente ha pubblicato un report dal quale si legge che la temperatura media estiva al suolo di Torpignattara è più alta rispetto ai Parioli di circa 6 gradi.
Un’enormità. Evidentemente però nessun politico l’ha letto, altrimenti non si spiegherebbe perché l’ex cinema Impero è stato demolito per fare spazio ad un altro ecomostro di otto piani o perché il Comprensorio Casilino, invece di essere rimboschito è uno sterrato abbandonato adibito a discarica.
I politici non vedono neanche che una dopo l’altra le botteghe storiche di Torpignattara stanno scomparendo. Al loro posto una selva di bazar, phone center e frutterie deserte. Ci si chiede come possano invadere i marciapiedi ed esporre gli alimenti in barba a qualsiasi norma igienica.
La risposta ahimè è sempre la stessa. Non esistono regole e controlli in un territorio di risulta.
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Ci vivo e ci sono nata….è triste vedere come sia cambiato tutto..e ti viene tanta rabbia per averla fatta ridurre così.. purtroppo non tutti si possono permettere di cambiare zona compresa me..voglio dire chegli italiani in questa zona siamo rimasti in pochi e sembriamo noi gli stranieri!!purtroppo nessuno fa qualcosa x cambiare la situazione e pulire le strade che puzzano!!!siamo abbandonati!!!!
Abito qui da sempre e fa male vedere come il quartiere sia ormai lasciato al suo destino. Il degrado è evidente ovunque: strade sporche, marciapiedi dissestati, rifiuti ovunque e zero controlli da parte delle autorità. I cittadini onesti – italiani e stranieri – si sentono abbandonati, mentre regnano l’illegalità, il disordine e la mancanza di regole condivise.
Non è una questione di provenienza, ma di rispetto: per la convivenza, per la città, per chi vive qui da decenni e ha sempre pagato le tasse. Servono regole chiare e uguali per tutti, serve la presenza delle istituzioni, serve un controllo vero del territorio.
Il multiculturalismo può essere una ricchezza, ma solo se viene gestito con rispetto reciproco e legalità. Non è accettabile vedere cartelli scritti in lingue che nessuno capisce, senza traduzioni in italiano: lo spazio pubblico è di tutti e tutti devono potervi accedere.
Chi ama Torpignattara vuole un quartiere sicuro, pulito e vivibile. Ma serve l’impegno delle istituzioni. Noi cittadini abbiamo fatto e continuiamo a fare la nostra parte. Ora tocca a chi governa.
Sono Antonio Musella di Ottica Maf, 25 anni fa,ho scelto di rilevare l’attuale negozio di ottica,mi ricordo che all’inizio apertura c’erano mille controlli, addirittura due vigilesse venivano spesso a controllare e piu volte ero invitato a rivolgermi allo sportello del commercio della circoscrizione per cambiare sulla vetrina una lettera , poi non molto tempo fa ,il passaggio dei vigili per il controllo licenza e P.iva,ora mi chiedo perché con tanta solerzia, i controlli sono rivolti ai negozi italiani ,mentre per i negozi a conduzione Cinese e Bangladesh,Egiziani non vengono applicate norme e regole anche le piu semplici orari, igiene, merci esposte sui marciapiedi,etc