A proposito dell’inaugurazione delle Olimpiadi in Francia
Riceviamo e pubblichiamoRiceviamo e pubblichiamo
L’inaugurazione delle Olimpiadi in Francia ha visto al suo interno uno spettacolo disgustoso, volgare, ma soprattutto – è la colpa più grave – brutto senza alcun’attenuante. Non blasfemo, secondo gli autori, ma un insulto al buongusto certamente sì. Ed è triste leggere sui giornali della gioia provata per aver offeso i cattolici: triste la distanza dal sentire comune, triste l’ignoranza della realtà cristiana, triste la mancanza di spirito democratico e soprattutto la sconcertante pochezza umana.
Drag queen e personaggi ambigui avrebbero dovuto rappresentare, secondo gli autori, un collegamento tra la Grecia madre delle Olimpiadi e la Francia di oggi: nessun Cristo quindi, ma Dioniso e il mondo pagano.
Non capisco se sia più stupido il riferimento a Dioniso o il voler trattare il pubblico da stupido.
Cos’hanno a che fare le Olimpiadi con i riti dionisiaci? Le Olimpiadi sono espressione di una Grecia antica fatta di disciplina, di allenamenti e di identità sessuale, visto che erano gare riservate ai soli uomini.
Il rito a Dioniso implicava orge, ubriachezze, confusione di identità: ce li vedete i nostri atleti passare la notte in bagordi per poi andare a gareggiare? E cosa ci faceva una bambina in mezzo a un’orgia? L’arroganza di Macron –unico capo di stato al coperto, mentre centinaia di ospiti stranieri erano lasciati sotto l’acquazzone – si è unita al narcisismo di figuranti da carro di Carnevale per realizzare qualcosa che li illudesse di essere una forma di vita intelligente.
Se non si è bestemmiato Dio, si è di certo bestemmiato l’uomo e, siccome l’uomo è immagine di Dio, anche Dio ne è rimasto offeso. Forse però mi sbaglio e si tratta di un colto, raffinato, sotterraneo riferimento alla contrapposizione tra Cristo e Dioniso che Nietzsche pone alla fine della sua autobiografia. Può essere. Nietzsche morì incosciente e privo di senno: c’è gente che evidentemente vorrebbe vivere così.
È palese che non è per meriti artistici che si sono inseriti questi sconosciuti, ma per il messaggio che si voleva presentare: è il segno evidente di un cambiamento d’epoca e, lo devo ammettere, ci si è arrivati per le nostre colpe passate, per le colpe dei credenti. È infatti l’esito di una modernità nata per porre nuove fondamenta al vivere civile, dopo più di un secolo di guerre fratricide tra cattolici e protestanti terminate solo con la pace di Vestfalia nel 1648: incredibile che il cristianesimo non riuscisse neanche al suo interno a garantire diversità di pensiero senza che ci si uccidesse a vicenda.
L’ascesa della scienza con una nuova autorevolezza, l’emergere di una nuova filosofia e di una nuova politica davano speranza, ma alla fine i risultati non furono dei migliori, ammettiamolo: l’Illuminismo sfociò nelle stragi del Terrore, il marxismo sfociò in una quantità di dittature sanguinarie e il nazionalsocialismo regalò al mondo la più terribile guerra dell’epoca moderna.
Alla fine le democrazie liberali sembravano garantire almeno una convivenza serena: ci si limitava a cercare la pace sociale, senza pronunciarsi su verità eterne, si seguiva il desiderio popolare e si lavorava a una certa integrazione, cercando non l’ideale, ma ciò che era possibile in quel momento.
Era uno stato imperfetto, ma permetteva a ogni religione o ideologia di indicare la propria verità, cercare l’unità al suo interno e offrire ai cittadini ideali che potessero essere condivisi. Le religioni monoteiste potevano inserirsi bene, perché il Dio di Abramo, dio dei più poveri, aveva de-sacralizzato il potere regale, così come tutt’altro che sacro era lo stato moderno.
Laddove il politeismo aveva garantito il potere dei ricchi, con lotte continue tra dèi rivali, il monoteismo aveva reso gli uomini figli tutti di un solo Dio e aveva fatto dei profeti la voce misericordiosa di Dio in mezzo al popolo e allo stesso tempo la voce critica di ogni regime: «date a Cesare ciò che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio», dice il Vangelo (Mt 22,21); «non c’è coercizione nella religione», dice il Corano (2,256); «un accordo imposto non è consenso», dice il Talmud (Shabbat 88a; Avodah Zarah 2b).
Anche quest’ultimo tentativo è però sprofondato nella miseria e nella sofferenza di tanti, per gli enormi squilibri sociali di un capitalismo cieco e ingordo, che ha divorato la stessa democrazia in cui aveva prosperato.
Il vergognoso spettacolo francese ci mostra l’arroganza di persone a cui non interessa più l’opinione pubblica, perché non è più necessario il consenso popolare per entrare nella stanza dei bottoni: i soldi e l’appoggio dei mezzi di comunicazione arrivano direttamente dalle grandi aziende multinazionali.
Ora negli USA a contendersi la presidenza sono un ricco imprenditore e una donna arrivata ai vertici grazie ai suoi sponsor, senza mai essere stata eletta prima ad alcun ruolo pubblico.
In Francia il presidente, al minimo storico di gradimento, ha usato ogni via possibile pur di non lasciare la poltrona, con grande disprezzo della volontà popolare, ma con l’appoggio di molta stampa. In Italia il primo partito è di gran misura quello dell’astensione, in un paese che pochi decenni fa vantava percentuali altissime di partecipazione politica.
Il mondo delle democrazie occidentali ha visto in poco tempo distrutto lo stato sociale, ridotti i diritti dei lavoratori, avversata la famiglia come risorsa economica e sociale, e la sanità regalata a gruppi privati, tutto a vantaggio di grandi e medie imprese.
La politica, asservitasi al potere economico, ha perso credibilità e gli stessi che hanno manipolato il gioco democratico si presentano ora come difensori delle minoranze, scavalcando parlamenti e governi: le FAANG (acronimo di alcune di queste aziende) e le altre multinazionali scelgono le campagne sociali utili alla loro immagine e ai loro bilanci, dettando l’agenda degli organismi internazionali.
Infatti le indagini sullo sfruttamento minorile nelle fabbriche asiatiche di alcune multinazionali non trovano spazio mediatico paragonabile alle battaglie per il cambiamento di sesso o per l’utero in affitto, da cui si aspettano favolosi guadagni. Più si discute di asterischi e meno si pensa alla precarizzazione dei lavoratori e alla schiavitù importata dai paesi più poveri. Le aziende governano e i governanti guadagnano.
Ciò che ci aspetta sono nuove guerre di religione, figlie di un dio laico, di un’ideologia dogmatica, che divide le persone non più su base nazionale, ma tribale: è la guerra tra poveri, un ritorno all’epoca del politeismo di città-stato occupate in continue guerre locali. E le persone, persa ogni memoria storica, sposano qualsiasi sistema di valori venga loro proposto pur di possedere un’identità in qualche nuova tribù, anche al prezzo di perdere ogni legame sociale e vivere in giungle urbane degradate.
Lo spettacolo offertoci in apertura delle Olimpiadi in Francia è la cultura che ci aspetta, è l’attacco a ogni identità che non corrisponda agli interessi economici delle nuove guide mondiali. Abbandonate le religioni monoteiste, ci siamo ritrovati sotto nuove dittature, di poca bellezza e nascosta schiavitù.
Intravedo un’unica via di salvezza, ma chi dovrebbe aprirla ha ancora lo sguardo rivolto al passato, sognando il suo antico potere. Tocca ai credenti, purificati da ambizioni politiche, mostrare la via per una pacificazione globale.
È una via che si aprirebbe solo se gli ebrei, lasciati i sogni di gloria umana, volessero diffondere nel mondo quella saggezza che hanno acquisito da quando, dispersi nel mondo, si sono fatti custodi e interpreti della parola di Dio; si aprirebbe solo insieme agli islamici se, abbandonato ogni fondamentalismo, tornassero a offrire al mondo quella spiritualità e cultura che hanno stupito i filosofi occidentali nei secoli passati; e soprattutto sarebbe possibile solo se i cristiani rinunciassero alla nostalgia di un tempo passato che li ha sfigurati agli occhi del mondo e si mostrassero uniti nella carità, testimoni autentici di amore preferenziale per i poveri, perché il valore di una civiltà si misura da come protegge i più deboli, non da come conserva la ricchezza dei ricchi.
Prima di essere fermento per una nuova civiltà di pace, ai credenti spetta imparare a vivere come fratelli, rinnegando il Caino che ciascuno si porta dentro e lasciandosi guidare da quel Dio che insegnò ad Abramo ad essere portatore di benedizione per tutti i popoli della terra.
Solo allora, forse, il mondo riuscirà a trovare nuovi modi per vivere le diversità nell’unità di una stessa nazione, per condividere le ricchezze umane di ciascuno e dare così inizio a una nuova arte bella, dignitosa, che sfidi i secoli… e chissà, forse potremo godere anche un po’ di pace. Il nostro futuro dipende dagli uomini di buona volontà; prego e spero che siano in molti.
don Domenico Vitulli
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Il testo appena letto, per me tantissimo interessante. Specialmente mi ha colpito tantissimo il pensiero per la collaborazione fra Islam e Cristiani e il prezioso consiglio di entrambi il modo di riuscire.✨✨✨📿❤❤❤🙏🙏🙏
Grazie infinite Don Domenico Vitulli di questo straordinario testo che sottoscrivo in ogni sua parola. Mi permetta di aggiungere, come cattolica altamente critica e scomoda, che solo S. E. R. Arc. Paglia immediatamente dopo l’inaugurazione delle Olimpiadi ha parlato. Solo dopo giorni e dopo che esponenti del mondo islamico hanno parlato e “difeso” Gesù e Maria spiegando anche l’importanza per l’Islam, Il Vaticano si è pronunciato. E per me ciò è stato inammissibile e vergognoso. Con Lei i lontani entrano in Chiesa, con il nuovo che avanza escono. Se non ricordo male un Pontefice espresse un pensiero simile relativamente al confronto tra la Chiesa e la modernità.