Claudio Ranieri, il sir nato tra i campi di Testaccio

Marco Mikhail - 14 Marzo 2016

Da Testaccio a Leicester. E’ la storia di Claudio Ranieri, nato e cresciuto a Roma e chiamato, in questa stagione, in Inghilterra, per guidare le foxes in Premier League.

Il tecnico, intervistato dal Corriere dello Sport, ha raccontato il suo passato, i primi calci al pallone e la passione per questo sport coltivato proprio li, sui campetti di Testaccio.  ‘Io sono cresciuto lì, con il pallone in testa e tra i piedi ogni giorno. All’oratorio c’era tutto, tutto piccolo ma tutto. Il campo di calcio, quello di basket, il rettangolo da gioco per la pallavolo. Bisognava andare a messa, altrimenti non ti facevano giocare – prosegue Ranieri. Poi ti davano un biscotto e l’acqua. Io giocavo sempre con i più grandi, a tutti gli sport. Quello spiazzo e quei giorni li porto sempre con me, quando mi siedo in panchina”.

Testaccio è il cuore pulsante di quella voracità romana famosa in tutto il mondo per il modo di parlare, la gestualità, un modo di fare che non ha paragoni. Basta andare in un bar, in una trattoria o in una macelleria per entrare in un contesto a parte, rimasto intatto nel corso degli anni. E proprio in quei luoghi, tipici della tradizione capitolina, che il calcio diventa tema di discussione, di confronto e di sogni.

Ranieri alla Roma

Ranieri alla Roma

Come quello di Ranieri, che dai campi di oratorio passò alla Roma. ‘Feci due provini ma non mi presero- spiega il tecnico testaccino -. Poi passai al Dodicesimo giallorosso che era, come il nome annuncia, una specie di succursale della Roma. Un giorno ci fecero fare un provino collettivo, sotto gli occhi di Helenio Herrera, che allora era un mito vero. Fu lui, credo, a individuarmi e a prendermi, insieme ad un altro ragazzo. Entrai nella squadra Primavera, feci tutti i tornei come il Nistri, il Viareggio, Sanremo e giocai molto con la squadra De Martino che schierava le riserve dei titolari e molti di noi più giovani. Era un bel torneo, Scopigno mi fece esordire in serie A e poi arrivò Liedholm. L’ultima partita in giallorosso la feci con il Cagliari di Gigi Riva. Forse era destino, sarebbe stata la prima squadra importante che avrei allenato, in seguito”.

Testaccio ha insegnato tanto a Ranieri. I valori, le regole di vita e i comportamenti, che il tecnico ha portato con sè al Leicester, e che hanno portato le foxes al primato in Premier League. ‘Debbo molto ai miei, i valori fondamentali dell’educazione alla vita. Mio padre morì prima che andassi al Parma, quindi non ho mi ha visto allenare le squadre grandi che ho avuto la fortuna di dirigere. Mia mamma ha novantasei anni, è lucidissima e oggi è, chi glielo avrebbe mai detto nella sua vita, una grande tifosa del Leicester’.

Claudio-RanieriSi, proprio il Leicester, dove Ranieri racconta di aver trovato un’altra Testaccio. Una Testaccio che si caratterizza per l’impegno, la dedizione e la voglia di abbracciare un sogno, che se divenisse realtà esalterebbe una carriera già piena di soddisfazioni.  Vardy si complimenta con il tecnico per la minuzia con la quale prepara le partite, la squadra lo segue come  il popolo dell’antica Roma seguiva le orazioni di Cicerone. ‘ Dall’inizio del campionato- racconta Ranieri –  tutti hanno detto che non avremmo tenuto, che saremmo crollati prima o poi, che non potevamo che essere un fuoco di paglia. E invece siamo qui, senza presunzione ma con la voglia di continuare a sognare. I ragazzi sono tranquilli, sereni. Sanno che noi dobbiamo provare a vincere ogni partita’.

Sono passati diversi anni da quando Ranieri ha lasciato Testaccio. Una Testaccio che andrebbe preservata, con i suoi usi e costumi ma anche nei suoi luoghi storici. Come Il Campo di Testaccio, l’impianto costruito nel 1929 e calcato dal gande Fulvio Bernardini, e che ora appare abbandonato a sé stesso, con l’erba altissima e senza alcuna manutenzione. Ed è proprio li che, come direbbe Ranieri – si coltivano i due tipi di calcio presenti ‘quello  che  si sente dentro, come una passione viva, e quello che poi può diventare una professione e che richiede sacrificio, voglia di lottare, determinazione. Sono due tipi di calcio, che bisogna far convivere. Perché così mai nulla è impossibile”.

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