Forse non tutti sanno che … a Vitorchiano (VT) c’è un “Moai”
Cosa accomuna Vitorchiano all’isola di Rapa Nui? Apparentemente nulla ma, allora, cosa ci fa un “Moai” nel piccolo borgo etrusco dell’alto Lazio?
Partiamo proprio da qui, da questo paese arroccato su una rupe di peperino che strapiomba nel torrente Vezza. Intorno, la sagoma del Monte Cimino – un tempo vulcano – dalle cui eruzioni, nel corso dei millenni, si sono cementati materiali lavici che hanno dato origine al tufo saldato, ossia il “peperino”: pietra locale famosissima chiamata così fin dall’antichità.
Dall’altra parte del mondo, nell’isola di Pasqua (o Rapa Nui) i discendenti dei Maori stavano cercando proprio una pietra simile a quella usata dai loro antenati per scolpire le statue gigantesche dei “Moai” per il restauro dei famosi monoliti che, mano a mano, si stavano deteriorando e “morendo” lentamente (così come l’industria turistica dell’isola). Bisognava richiamare l’attenzione del mondo!
E la pietra più simile alla loro era proprio il “peperino”. L’idea di scolpire un Moai del tutto simile a quelli della loro isola risale al 1987: grazie alla trasmissione RAI “Alla Ricerca dell’Arca”, condotta da Mino Damato, fu possibile realizzare questo importantissimo “gemellaggio culturale” tra due mondi tanto distanti quanto vicini.
Accomunati dalla presenza di un vulcano, il Cimino da una parte, e il Rano-Raraku dall’altra; da una grandiosa civiltà, quella Etrusca da una parte, e quella pre-incaica dall’altra: entrambe affascinanti e misteriose. E, soprattutto, dalla “pietra simile”. Realizzarne uno sarebbe stato un grande richiamo e siccome la delegazione dei discendenti dei Maori, incaricata di trovare la pietra idonea, la individuò solo ed esclusivamente nella cava della famiglia Anselmi di Viterbo, si predispose tutto per la realizzazione dell’opera, nata con lo scopo di proteggere i suoi fratelli dell’Isola di Pasqua e per verificarne l’idoneità. Gli Anselmi, titolari della più antica e illustre industria e famosi a livello mondiale per la loro attività, ospitarono la famiglia di Juan Atan Paoa, ultimo discendente di Ororina.
Gli undici scultori Maori lasciarono la statua in dono alla cittadina (nel 1990), copia perfetta degli originali. La statua è alta sei metri ed è stata ricavata da un enorme blocco di peperino del peso di trenta tonnellate. Scolpita con asce manuali e pietre taglienti è riuscita perfettamente: sorriso e sguardo enigmatico, posizione di eterna attesa, labbra serrate con il mento in alto, atteggiamento ieratico e severo tale da suscitare rispetto. Sul capo porta il “Pukapo”, tipico copricapo pasquense scolpito, formato da due blocchi di peperino. La grande faccia è allungata e impreziosita dalle “Orecchie lunghe”, così come le mani con le dita lunghissime e affusolate e l’ombelico scolpito marcatamente che indica il “centro simbolico” dell’Essere.
Il “Moai” di Vitorchiano ignora tutto ciò che lo circonda e, dal belvedere dove è stato sistemato, fissa imperscrutabile il paese e l’orizzonte portando prosperità e fortuna al luogo che osserva, a patto che non venga mai spostato dal luogo ove è stato scolpito [NB: In Italia si può ammirare un altro Moai a Chiuduno (BG) che venne scolpito da 14 polinesiani Maori durante il XV Festival Internazionale de “Lo Spirito del Pianeta” nel 2015].
Cosa vedere nei dintorni
Il centro storico medievale e rinascimentale di Vitorchiano; Monumento Naturale di Corviano; Centro Botanico “Moutan”; il “Sacro Bosco” di Bomarzo; “Villa Lante” a Bagnaia; il Santuario della “Madonna della Quercia”; la Riserva Naturale Provinciale “Monte Casoli” di Bomarzo.
Brunella Bassetti
romano bellucci
9 Agosto 2020 alle 16:56
le storie che ci proponi giornalmente sono un motivo per una lettura intelligente interessante rivelatrice grazie ciao