La bonifica di Ponte Mammolo ovvero facciamo finta che tutto va ben
È il caso di ricordare la vicenda del gennaio del 2008Lo sapevano tutti, municipio e Campidoglio di quello che da decenni continuava ad accadere a ponte Mammolo dove in una vasta area abbandonata si andava consumando un piccolo disastro ambientale culminato con l’incendio del 4 agosto scorso.
È da evidenziare che parliamo di un’area moderatrice dell’inquinamento dell’aria e del clima locale, preziosa dal punto naturalistico circoscritta com’è dal fiume Aniene, unica per il valore storico perché attraversata dall’antico percorso di Via Tiburtina con l’antico Pons Mammeus dell’epoca di Roma repubblicana, infine perché a ridosso di un popoloso quartiere.
Colpevolmente però Municipio e Campidoglio hanno da sempre preferito disinteressarsi a tutti i problemi della zona ed insensibili a tutte le prevedibili conseguenze che ne sarebbero potute derivare.
Così per decenni a ponte Mammolo si è continuato a scaricare illegalmente ed anche bruciare rigetti di ogni sorta e pericolosità. Come abbiamo ampiamente documentato, c’erano elettrodomestici, bici, auto, pneumatici, moto e furgoni rubati; si sono pure costruite baracche e casupole e ci fermiamo qui. Si è pervenuto cosi a quel disastro ambientale che si è concretizzato la notte tra il 3 e 4 agosto.
È il caso di ricordare di nuovo che nel gennaio del 2008, questo stesso giornale denunciò la colpevole scorrettezza di ricoprire con uno strato di pozzolana le macerie della più grande baraccopoli di Roma a cui non seguì da parte del municipio la promessa di sanare il malfatto.
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E per non onorare la promessa ci fu la “privata proprietà” dell’area; una scappatoia a cui sono ricorsi negli anni il municipio e il Comune per esimersi dalle responsabilità, sorvolando sul dovere di vigilare in generale su tutto il territorio comunale sia pubblico che privato.
Comunque stranamente solo ora, dopo cioè un incendio che ha intossicato per diversi giorni gli abitanti di almeno due quartieri, si è venuti a conoscere la ragione sociale del proprietario del fondo. E questo preoccupa e non poco.
Ora di fronte allo sgombero delle tonnellate e tonnellate di rifiuti di ogni tipo, da quelle stratificate sulla terraferma a quelle che costellano le sponde dell’Aniene, non sono da assolvere né il Comune né tantomeno l’istituzione di prossimità: lo sgombero e smaltimento della massa di rigetti – è bene che si sappia – purtroppo consisteranno soltanto nel trasferire altrove il problema ma non a restituire alla preziosa area fluviale le caratteristiche e le funzioni che aveva a beneficio di uomo e ambiente.
Riguardo la salute dei cittadini, c’è stato subito un coro di rassicurazioni sospette: anche l’ARPA, Agenzia Regionale Protezione Ambientale del Lazio, prontamente ha valutato la situazione ambientale e, molto stranamente, dopo un incendio di quella portata e pericolosità, non ha ritenuto necessario istallare un campionatore per monitorare la qualità dell’aria. Intanto però, nel raggio di un kilometro e più, per parecchi giorni, la cenere proveniente da ponte Mammolo è stata a tratti avvertita nell’aria. Un fatto questo che non rappresentava un semplice disagio olfattivo, ma segno certo della presenza nell’aria di inquinanti in sospensione aerosol. Di questa grossolana incongruenza riteniamo che andrebbe fatta una responsabile indagine.