La notte del “grande botto”

La più grande tragedia a Roma dalla fine della seconda guerra mondiale nella notte tra il 30 novembre e il primo dicembre 1972
La tragedia del 30 novembre 1972, con l’esplosione e l’incendio che distrusse il palazzo all’angolo tra via Prenestina e viale Telese a Roma, è un capitolo doloroso e quasi dimenticato della storia della città.

 

La violenza di quel “grande botto”, che si sentì fino a chilometri di distanza, segnò una comunità, lasciando un bilancio tragico di 17 morti, tra cui cinque bambini, e oltre 100 feriti.

 

La causa dell’incidente fu la presenza illegale di un deposito di fuochi d’artificio nel seminterrato di un edificio, gestito da un negozio di armi al pian terreno, la cui negligenza fu poi condannata dalla giustizia.

 

 

Nonostante la gravità dell’evento e il suo impatto su Roma, a distanza di 52 anni nessuno sembra ricordare più quella notte terribile.

 

Non vi è alcuna targa, né all’interno né all’esterno dell’edificio, che ricordi le vittime e conservi la memoria di un episodio che avrebbe dovuto diventare simbolo della necessità di sicurezza e rispetto delle normative.

 

È significativo il punto sollevato dall’autore dell’articolo: la storia di un territorio non è solo fatta di momenti di gloria e di crescita, ma anche di episodi dolorosi che, purtroppo, possono segnare la comunità per sempre.

 

La memoria di queste tragedie, proprio per la loro durezza, deve essere conservata, affinché anche le nuove generazioni possano imparare da quegli errori e comprendere il significato profondo di certi avvenimenti.

 

L’assenza di una memoria tangibile di quella notte, come una semplice targa commemorativa, è un simbolo di come la collettività possa facilmente rimuovere il passato, rischiando di dimenticare le lezioni che la tragedia stessa offre.

 

Rendere giustizia alla memoria delle vittime, e onorare il dolore di chi ha perso una parte della propria vita in quel tragico evento, è un atto di responsabilità civica.

 

Un gesto che permette a una comunità di restare unita, di non voltarsi mai indietro, ma di crescere, anche a partire dai propri errori e dolori.

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3 commenti su “La notte del “grande botto”

  1. Grazie,avevo 8 anni e a pensarci sento ancora il silenzio della mattina dopo,vedo i visi di mia madre e mio padre immobili ,la processione di chi come noi, con il dolore nel cuore ,scendeva dai palazzi vicini per vedere cosa fosse successo Il pensiero che la tragedia potesse essere molto più grande attanagliava la bocca di tutti Per anni abbiamo ricordato,eravamo quelli che abitavano vicino al “palazzo scoppiato”,per anni a capodanno non abbiamo acceso luci o esploso petardi,per anni abbiamo contemplato i segni dell’ esplosione sui palazzi accanto.Ricordare si,ricordare come un intero quartiere ha condiviso il dolore di una tragedia e piano piano ha cercato di dimenticare A.

  2. Ricordo benissimo quella notte , lavoravo con mio padre trasportando cornetti e tramezzini e il laboratorio era proprio dietro il palazzo , arrivati sul posto nulla da fare la confusione e il fumo erano tremendi avevo 14 anni…..

  3. Solo di giorno venimmo a sapere quello che era successo una tragedia , un momento buio della vita di roma

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