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Tra Centocelle e Collatino. A spasso per la spesa

Da quando la mia schiena ha cominciato a sgranare un rosario di ernie e protrusioni, mi sono rassegnato a fare la spesa in compagnia del “carrello” assistente esclusivo, fino a qualche anno fa delle donne, specie anziane, ma oggi usato un po’ da tutti e tutte. Il mio vecchio carrello, che sfrigolava rumore di ferraglia sulla strada e mi preannunciava come un araldo d’altri tempi, è stato sostituito da una fuoriserie che scivola sull’asfalto del marciapiede al modo di un’auto elettrica…almeno per ora!

La spesa per me è anche occasione di passeggiata per le vie del Centocelle e zone limitrofe, e cerco di renderla meno noiosa variando, per quanto possibile, l’itinerario. Oggi attraverso la via Prenestina,  meditando sulla vita mia e altrui grazie ai quattro atti del dramma-semaforo allestito all’incrocio con la Collatina dove frequentemente m’inoltro, variando però il lato. Se scelgo il marciapiede di destra, devo fare attenzione ai rami bassi degli alberi, non potati da qualche anno e godere dello spettacolo osceno dei rifiuti accanto ai cassonetti; se invece prendo la mano londinese, sono obbligato a fare attenzione alle auto in sosta dal gommista e ai tavolini dei bar sul marciapiede. In compenso, mi fa piacere la vista degli anziani seduti che chiacchierano davanti ad un caffè o che aiutano il nipotino a gustare un gelato, attenti a prevenire macchie multicolori su magliette e pantaloncini.

All’angolo con via Cherso, dove mi dirigo, la banca- oggetto qualche anno fa di uno sfondamento della vetrina ad opera di un SUV – è stata sostituita da un supermercato: sorrido pensando che in altri tempi sarebbe accaduto il contrario. Anche qui non mancano i tavolini e gli anziani che affrontano la solitudine con caffè e giornale, o dialogano con gli amici; qualcuno è accompagnato dalla badante, qualche altro dal cane. A Centocelle, come in tutta Roma, i cani domestici sono quadruplicati e spesso i padroni distratti ne lasciano gli escrementi a marcare il territorio: ma dove sono finite le ka-moto? Forse saranno ritornate in Giappone.

Più avanti la frutteria – una delle poche nostrana – è la prima tappa del mio giro: da poco si è trasferita dal fondo della stessa strada, dove offriva e riceveva concorrenza da un altro negozio dello stesso genere. I proprietari sono cordiali, la merce buona:  sono divenuto cliente abituale, anche se non disdegno un paio di ambulanti regolari della zona.

Via Cherso è tra le strade meglio mantenute, almeno sul marciapiede dei negozi; d’inverno sembra una via di Novosibirsk, ma d’estate offre almeno il conforto dell’ombra. Do uno sguardo al marciapiede opposto: cassonetti strabordanti, adornati di rifiuti sparsi: sospetto che sia un difetto della destra.

Oltrepasso il ferramenta, che ha una pittoresca vetrina ricca di chiavi, lucchetti, serrature, utensili e merci varie: riflette l’assortimento dell’interno, dove il vecchio proprietario  è calmo e paziente e chi l’aiuta non è da meno.

Ricordo che fino a qualche anno fa ci servivamo anche in un negozio di intimo e merceria, esercizio “storico” della zona, purtroppo cancellato dall’età dei proprietari e dalla rivoluzione del commercio, alimentata dalla nuova economia.

Mi fermo poi dal macellaio, attivo da decenni, meravigliandomi di trovarlo quasi vuoto, e acquisto le solite cose, servito dalle “ragazze” che ormai conoscono i gusti della mia famiglia; mentre io ammiro la mostra e in particolare gli immancabili “pronto-cuoci”  preparati con gusto. Se non debbo fare rifornimento di affettati, proseguo, altrimenti torno indietro nella “succursale” della macelleria, che è anche un elegante pub serale, con raffinati prodotti e vini. Anch’esso è provvisto di uno spazio riservato all’aperto, in seguito alle ordinanze per il Covid. Non ancora revocate?

Via Cherso è quasi sempre animata, ma lo è ancor più la via Serenissima, strada di collegamento tra la Tor de’ Schiavi e la Via Fiorentini, e anche questa commercialmente viva: ci puoi trovare il Supermercato, il negozio di telefonia, la pizzeria, famosa per la pizza bianca ma non solo, il bar torrefazione e vendita, con l’immancabile spazio permanente all’aperto. Entro qui per un caffè, attento a non fare incidenti con il carrello colmo, poi ritorno dalla parte della via Prenestina, dove bancarelle (sovradimensionate), tavolini all’aperto, panchine, gruppetti di amici in conversazione mi impegnano in un superG sotto il sole. Ma d’altra parte, il marciapiede destro (ancora lui) per il tratto che costeggia l’Istituto Smaldone è occupato da alberi di una specie con doppia chioma, una a terra e una in aria, specie sviluppatasi in diverse zone della Città in seguito ad un’inspiegabile inaridimento e asfissia del Servizio Giardini.

L’ultima fatica, dopo il guado semaforico della Prenestina, consiste nel valicare con la soma del carrello i due gradini della mia palazzina, che alcuni condomini buontemponi hanno voluto non fossero dotati di uno scivolo (previsto anche dalla legge per il superamento delle barriere architettoniche!) per ragioni di estetica della facciata e altre amenità.

Mi correggo: l’ultima fatica mi aspetta in casa, con la sistemazione e la “lavorazione” di quanto acquistato. Ma il più è fatto.


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