Via del Corso, via di Ripetta e via del Babuino saranno a occupabilità zero
Decreto Mibact dichiara guerra ai tavolini abusivi. L'argomento passa in Commissione CommercioUn decreto del Mibact ridefinisce l’occupabilità del suolo pubblico nel centro storico della Capitale per ridare lustro alle strade simbolo di Roma. La Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici del Lazio ha, infatti, inviato una prescrizione in Campidoglio i primi di ottobre che ha creato non pochi dissidi interni.
“La Sovrintendenza ci ha anticipato, e ha garantito che ci sara’ atto scritto entro una settimana. Via del Corso, via di Ripetta e via del Babuino saranno a occupabilità zero con un vincolo tassativo. Mentre per il resto del Tridente la Sovrintendenza parla di una verifica di interesse attraverso un piano condiviso”, così l’assessore alla Roma produttiva, Marta Leonori, apre l’incontro con la Commissione Commercio organizzato per effettuare valutazioni critiche sul decreto.
Leonori aggiunge che questo provvedimento “non è solo un atto dovuto in una zona come il Tridente tutelata dall’Unesco, ma la sua attuazione segna anche l’avvento di un nuovo momento per la Capitale, bisognosa di riscoprire il suo decoro civile tanto che a giorni sarà firmato il protocollo per far partire la collaborazione per verificare l’attuazione di questo ed altri provvedimenti”. Risponde il presidente della Commissione Orlando Corsetti, “Ho convocato una commissione proprio per capire come deve essere interpretato il decreto. Auspico l’elaborazione di piani di massima occupabilità per gestire una situazione delicata che coinvolge diversi attori”.
Il fenomeno del “tavolino selvaggio” che affligge il centro storico della Capitale è, infatti, da mesi oggetto di dibattiti. La polemica era iniziata ad agosto con un’ordinanza del Tar del Lazio che, accolto il ricorso del Codacons, aveva messo un freno all’abusivismo dei dehors di due bar di Piazza Navona imponendo la chiusura dei locali per cinque giorni e il dimezzamento dei tavolini sulla piazza.
Appare necessario il ripristino dell’originaria condizione dei luoghi simbolo di Roma, affinchè turisti e cittadini possano fruire pienamente di aree storiche depauperate da anni di negligenze e illegalità. La tutela dei beni culturali è quindi il proposito e fine unico dell’ordinanza in questione, ma nonostante le ragioni legittime e gli obiettivi, che mirano a colpire efficacemente il circolo vizioso di quei ristoranti e bar che spadroneggiano liberamente, è importante interrogarsi se questa iniziativa non colpisca indirettamente e in modo inflessibile anche attività commerciali decennali, che rischiano di scomparire per via dei limiti imposti. Infatti i locali che operano onestamente possono offrire un contributo prezioso, che tornerà utile al Comune in termini di affluenza turistica nei luoghi di interesse ed entrate economiche innanzitutto.
La scelta di sperare o attendere un’autoregolamentazione degli esercenti era improbabile dato che quest’ultimi hanno approfittato per anni di condizioni accomodanti e controlli sporadici. Scelte civiche tanto radicali avrebbero comportato per loro spese aggiuntive di cui difficilmente si sarebbero fatti carico, considerando anche la politica commerciale adottata dagli stessi, che mira nella maggioranza dei casi unicamente al profitto: offrire servizi mediocri a prezzi stellari non curandosi del resto.
Cercare un compromesso equilibrato che accontenti gli interessi dei privati e al tempo stesso non impoverisca l’aspetto della città eterna valorizzandone il patrimonio artistico e culturale, appare un obiettivo ambizioso ma lodevole negli intenti. Un passo è stato compiuto, se si pensa a quanto profondamente il fenomeno sia sempre stato radicato in città, ma nei prossimi giorni, a fronte di nuovi incontri, si avranno notizie più definitive sull’evoluzione della vicenda.
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