1963 – L’imposta sulla miseria
"Tassano i tuguri ricavati nell'Acquedotto" - Una pagina de L'Unità del 9 maggio 1963, riproposta dal blog "Quartiere Alessandrino tra storia e memoria"C’è stato un tempo non troppo lontano in cui diverse famiglie vivevano in case di fortuna con tetti fatti di bandoni di alluminio e che per intradosso avevano le arcate dell’Acquedotto.
Venivano da una casa che non avevano più perché distrutta dalle bombe alleate o venivano semplicemente dalla miseria dei loro luoghi d’origine in cerca di fortuna e lavoro nella capitale dell’immediato dopoguerra.
Queste casupole resistettero nel nostro quartiere fino agli anni settanta circa dopo che per un ventennio di lotte i vari movimenti per la casa ottennero finalmente alloggi dignitosi per le varie famiglie. C’è stato un tempo, dicevamo, e c’è ancora.
A guardar bene nel nostro territorio e in quelli adiacenti ancora possiamo trovare situazioni simili. Come allora anche adesso ci sono persone con case distrutte da altre bombe oppure sono persone alla ricerca di un lavoro che il loro paese d’origine non può dargli. Ma questa è un’altra storia.
La storia di cui vogliamo raccontarvi questa volta è tratta da un articolo del giornale l’Unità del 1963 e parla proprio di quelle casupole e baracche di cui abbiamo accennato e di come le amministrazioni di allora e “il cieco e assurdo fiscalismo” di quegli anni non furono certo di aiuto.
Leggendo l’articolo noteremo che il giornalista forse fa un po’ di confusione quando parla degli abitanti dell’Alessandrino e delle baracche di viale dell’Acquedotto Alessandrino, riferendosi probabilmente alle baracche a ridosso dell’odierno Parco Sangalli a Torpignattara, ma di fatto la sostanza non cambia.
Basti pensare che all’inizio degli anni sessanta, secondo l’ISTAT, erano 13.684 le famiglie che a Roma vivevano in baracche. Passiamo alla lettura dell’articolo in questione.
P.S.: Questo post vuole essere anche un omaggio al sociologo Franco Ferrarotti, che ci ha lasciato il 13 novembre 2024, e che tanto si è speso per raccontarci in maniera più dettagliata ed empatica la vita dei baraccati romani.
L’Unità del 9 maggio 1963
L’imposta sulla miseria
TASSANO I TUGURI RICAVATI NELL’ACQUEDOTTO
Gli abitanti dell’Alessandrino protestano stamane in Comune. Non è uno scherzo: ad una trentina di famiglie di baraccati di viale dell’Acquedotto Alessandrino, l’esattoria comunale gestita dal Monte dei Paschi di Siena ha inviato le cartelle per il pagamento dell’imposta sui fabbricati stabilita dall’ufficio distrettuale delle imposte dirette.
Siamo dunque giunti alla tassa sulle baracche, sulle povere costruzioni che stanno in piedi per miracolo, nelle quali hanno trovato rifugio famiglie di muratori, autisti, operai, pensionati che non possono permettersi il lusso di pagare trentamila lire al mese di affitto. Baracche costruite a ridosso dei ruderi dell’acquedotto, sino a formare un agglomerato di 400 famiglie.
Vani di due metri per due, che ospitano quattro, cinque e persino sei persone, costruiti con i “forati” e ricoperti di bandone e di lamiera. E su questo ammasso di miseria si è abbattuta la folgore del più cieco e assurdo fiscalismo, quella stessa folgore che non riesce a spillare una lira dalle tasche degli speculatori fondiari ed immobiliari.
Valgano alcuni esempi. Il pensionato Valentini Colombo di 71 anni, abita con la moglie Giuseppina Mariani di 69 anni in una baracca contrassegnata con il numero 360, tracciato con mano incerta sullo stipite della porta.
Vivono con una pensione di 15 mila lire al mese. Per il tributo 022 (fabbricati privati) l’ufficio distrettuale e delle imposte dirette ha accertato (come? quando?… Misteri) un reddito imponibile di 28.350 lire, pari ad un tributo annuale di 9.600 lire, pagabile in sei rate di 1.600 lire ognuna.
Vittorio Telli, pensionato dell’ospedale di San Giovanni, due persone a carico, reddito imponibile 43.200 lire, pari ad un tributo annuale di 14.628 lire pagabile in sei rate di 2.438 lire ognuna. Mario Alonzi, muratore, tre famigliari a carico, una figlia in sanatorio, tributo di 2.742 lire.
Angelo Biancalana, abita in una baracca costruita sul terreno del demanio dello Stato (come precisa l’intestazione della cartella), reddito di 20.250 lire pari ad un tributo di 6.858 lire. Nicola Occhionero, cinque figli e la moglie, solo due ragazzi lavorano come muratori, 2.742 lire di tributo. Elmo Ronconi, operaio, tre persone a carico, 8.130 lire di tributo. Pietro Iori, operaio metallurgico. Cinque persone a carico. 5.490 lire di tributo.
Qualcuno ha rifiutato di accettare la cartella bianca stampata in rosso con l’importo da pagare. In via della Conciliazione 5 si trova l’ufficio distrettuale delle imposte dirette.
Alcune famiglie di baraccati vi si sono recate, mostrando le cartelle ai funzionari e spiegando che si tratta di un tributo imposto su baracche, su quelle costruzioni che nel censimento vengono definite “improprie” e che nessuno si sognerebbe di chiamare case.
Hanno narrato della lunga inutile attesa di una vera casa da parte dell’Istituto Case popolari, della vita insopportabile consumata da cinque, dieci anni nei tuguri di viale dell’Acquedotto Alessandrino.L’unica risposta che hanno potuto ottenere non li ha certamente confortati.
É stata la burocratica spiegazione del perché l’ufficio imposte dirette ha pensato di tassare i “forati” delle baracche. “Vedete – hanno detto i funzionari – la esenzione dal tributo è concessa per venticinque anni solo alle nuove costruzioni edificate con regolare licenza rilasciata dai competenti uffici comunali.
Le vostre baracche rientrano in questa categoria? Evidentemente no, poiché non sono nuove e non sono state costruite con la regolare licenza del Comune”.
Oltre al danno, dunque, anche le beffe. Gli “abusivi” dell’Acquedotto Alessandrino, Ie famiglie che una ordinanza di sgombero del sindaco può gettare sul lastrico da un giorno all’altro o trasferire nei famigerati dormitori o accantonamenti comunali, devono dunque pagare una tassa sui muri cadenti che le ospitano.
Questa mattina un gruppo delle famiglie di viale dell’Acquedotto Alessandrino si recherà in Comune, accompagnati dal consigliere comunale compagno Nino Franchellucci, per chiedere che la tassa sulle baracche venga abolita.
“Noi non vogliamo non pagare le tasse – ci hanno detto le famiglie dell’Acquedotto – ma di fronte ad un tributo cosi odioso non possiamo non protestare. Perché non ci danno una casa invece. ad un fitto sopportabile?”.
Una donna ci ha mostrato la sua baracca, un piccolo antro semibuio, l’aria stagnante “Guardi. Questo e il mio fabbricato, come dicono quelli delle imposte. E per questo buco io dovrei pagare una tassa?”.
Sostieni Abitarearoma è importante, clicca qui! ↙
Le foto presenti su abitarearoma.it sono state in parte prese da Internet, e quindi valutate di pubblico dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, non avranno che da segnalarlo alla redazione che provvederà alla rimozione.