Il Cantastorie romano Daniele Mutino a Velletri

Per la Festa della Musica alla Casa Circondariale di Velletri
di Maria Lanciotti - 24 Giugno 2016

Martedì 21 giugno 2016, solstizio d’estate, Festa della Musica senza frontiere e senza barriere mentali. Lanciata in Francia nel 1982, la manifestazione, messaggera di pace e di armonia universale, ha galoppato velocemente per l’Europa (1985 Anno Europeo della Musica) sconfinando ben presto in tante parti del mondo. Fortemente coinvolta anche l’Italia, più per iniziativa popolare che per volontà istituzionale, ma da questa edizione 2016 il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MIBACT) ha stabilito – grazie all’impegno e alla generosità di tutti i musicisti – di sostenere l’importante e sentita ricorrenza celebrandola in ogni spazio possibile a favore di tutti.

foto di gruppoEd è così che il Cantastorie-concertista ha varcato martedì mattina la soglia della Casa Circondariale di Velletri, in via Campoleone, per incontrare gli ospiti dell’istituto carcerario, oggi di media sicurezza, alloggiati nel vecchio e nuovo padiglione secondo il regime restrittivo loro riservato. Nella sala teatro intitolata a Enzo Tortora, l’ingresso del Maestro Daniele Mutino, introdotto dal dirigente penitenziario Dott.ssa Pia Paola Palmeri, si è rivelato subito un benefico diversivo che ha portato ad una partecipazione attiva durante i due spettacoli del “Cantastorie per Tempi Moderni”.

Una carambola di emozioni tra fisarmonica e voce, storie cantate, narrazione e aneddoti, episodi di vita e di strada “che le note possono raccontare anche al di là dell’intenzione di chi suona”.

Un’ora volata via, e poi un’altra, fra Tammurriata zingara e Libertango, canti di protesta e di tenerezza, motivetti Tanto pe canta’, simpatiche incursioni di voci soliste e considerazioni comuni: “La musica è la ricchezza di tutti e nessuno ce la può togliere”. Repertorio assortito, aperto all’improvvisazione propria dell’Arte di strada, sempre tesa a percepire il battito dell’altro, a coglierne gli umori, a invogliare alla compartecipazione.

“Torni pure l’anno prossimo?” la domanda partita dal pubblico rivolta a Daniele Mutino, apre un interrogativo e una speranza per tutti. Alla fine del duplice evento – cui hanno assistito in un clima disteso e divertito agenti e operatori di Area Pedagogica, oltre alla Dr.ssa Palmeri e al Dott. Massimo Serretiello, Ispettore Capo di Polizia Penitenziaria – si è creato un momento di riflessione su quello che si potrebbe e vorrebbe fare, ognuno nel suo settore, e sulle limitazioni che ne precludono invece l’azione per mancanza effettiva di mezzi e di strumenti indispensabili, rimettendo tutto allo sforzo e all’umanità di ogni individuo responsabile. Di questo e altro si è ragionato visitando la serra rigogliosa di frutti all’interno della struttura carceraria, che con il piccolo vigneto rappresenta lo “spazio libero” che potrebbe essere al meglio utilizzato. E chissà che questo non avvenga per un logico ribaltamento di vedute.

Il commento di Daniele Mutino alla fine all’incontro: “È sempre un’esperienza particolare suonare dentro un carcere. Perché la musica risuona in modo diverso in persone che non hanno la libertà, che stanno attraversando un periodo di ripensamento della vita dentro una struttura totalitaria, coatta. Quando tu suoni, alla fine dei tuoi concerti, hai quel momento in cui chiudi gli occhi, ti riprendi un attimo da quello che hai fatto e poi la gente viene a complimentarsi, parli, è quel momento di scambio dopo i concerti, dopo gli spettacoli. In questo caso questo momento non c’è perché tu chiudi gli occhi, ti riprendi un attimo, apri gli occhi e stanno andando via tutti quanti in fila per due per ritornare nelle loro celle.  E tu ti ritrovi solo con il personale del Penitenziario, con i poliziotti, con la direttrice che, per carità, ci hanno accolto in una maniera splendida. Penso che anche per queste persone questi momenti possano essere importanti, pure loro per un momento sono veicolo di qualcosa di luminoso e si sentono anche loro stessi più luminosi, perché non penso sia facile fare un lavoro di questo tipo”.


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