

La mobilitazione è stata convocata dopo che, nella notte tra lunedì 3 e martedì 4 marzo, sono stati installati dei jersey in cemento
Una recinzione apparsa nella notte, una spiaggia improvvisamente chiusa e un progetto milionario che divide la città. È in questo clima di tensione che oltre 300 persone si sono radunate nei giorni scorsi nel piazzale del vecchio Faro di Fiumicino per dire no al porto turistico crocieristico e alla barriera che, senza preavviso, ha sigillato l’accesso al neonato tratto di spiaggia vicino agli storici bilancioni.
L’iniziativa, promossa dalla rete del comitato Tavoli del porto e da altre associazioni del territorio, è stata organizzata con un obiettivo chiaro: trasformare il piazzale in una spiaggia libera e accessibile a tutti. Un messaggio forte e simbolico, rafforzato da uno striscione che non lascia spazio a interpretazioni:
“Una spiaggia senza mare si chiama deserto”
I manifestanti hanno preso la parola a turno, denunciando le criticità di un progetto da 439 milioni di euro, che dovrebbe portare le navi da crociera sul lungomare di Isola Sacra.
Un’opera contestata non solo per il suo impatto ambientale, ma anche perché – sottolineano i comitati – non ha ancora ricevuto alcuna validazione ufficiale.
La storia del porto crocieristico di Fiumicino è tornata al centro del dibattito pubblico dopo che l’opera è stata inserita tra gli interventi per il Giubileo, nonostante il completamento dei lavori sia previsto solo per il 2028.
Tuttavia, il percorso amministrativo è ancora bloccato, complicato anche dall’intervento dell’Antitrust, che ha fermato i tentativi dell’amministrazione comunale di accelerare il processo.
A sollevare ulteriori dubbi è la recinzione in jersey (le barriere in cemento) apparsa improvvisamente sulla spiaggia. La società titolare della concessione demaniale, ha parlato di una semplice misura di “protezione dell’area in concessione”, negando che l’opera sia legata ai lavori del porto, per i quali l’iter autorizzativo è ancora in sospeso.
Non tutti, però, si accontentano delle spiegazioni ufficiali. La Capitaneria di Porto di Fiumicino ha già avviato un’indagine per verificare che la recinzione rispetti i vincoli paesaggistici e ambientali.
Nel frattempo, anche la Procura di Civitavecchia è scesa in campo. Dopo l’esposto presentato dal deputato Angelo Bonelli (Alleanza Verdi e Sinistra), si stanno valutando ipotesi di reato gravi, come la compromissione di beni culturali e il disastro ambientale.
Bonelli denuncia i lavori notturni e i movimenti di terra non autorizzati, sottolineando come l’intervento sia avvenuto nel silenzio, senza alcun confronto con il territorio.
L’installazione della recinzione ha ulteriormente acceso gli animi di cittadini e attivisti, già in fermento per l’avanzare del progetto del porto.
Dopo la manifestazione, i comitati hanno già fissato una nuova assemblea pubblica per il 15 marzo, decisi a non abbassare la guardia.
La domanda che aleggia tra i manifestanti è chiara: di chi è, oggi, il mare di Fiumicino? E, soprattutto, quale futuro attende la storica costa dell’Isola Sacra, divisa tra le esigenze del turismo di massa e il diritto dei cittadini di accedere liberamente al proprio litorale?
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