Il dialetto: il valore dell’esperienza vissuta e raccontata
È giusto preservare un tesoro di esperienza, culture e tradizioni. Il repertorio di massime e proverbi di Verrecchie, frazione di Cappadocia in AbruzzoIn un repertorio linguistico ci sono di regola, contrapposti alla lingua standard, anche i dialetti, ovvero varietà di lingua di uso prevalentemente orale, di diffusione inferiori rispetto alla lingua standard ma espressione di una realtà e cultura regionale locale di cui è importante avere memoria. Nel caso dei dialetti italiani, o meglio “italo-romanzi”, si parla di sistemi linguistici strettamente imparentati con l’italiano stesso, ma che hanno una loro struttura e una storia autonoma: i dialetti italiani, infatti, avrebbero tutte le carte in regola per essere considerati sistemi linguistici a sé stanti, autonomi rispetto all’italiano, e non sue semplici varietà.
I dialetti italiani tendono a scomparire ogni giorno di più, lasciando il posto alla lingua nazionale. È importante, però, preservarne il valore, molto spesso trascurato, in quanto espressione di cultura popolare, e fonte preziosa che narra la storia e la nascita di diverse realtà regionali.
“Il contadino che parla il suo dialetto è padrone di tutta la sua realtà”. Così scriveva Pier Paolo Pasolini, che vedeva nel dialetto l’ultima sopravvivenza di ciò che ancora è puro e incontaminato. Oltre a costituire il nostro albero genealogico linguistico, infatti, il dialetto ci riporta alle nostre origini, alle nostre tradizioni, alla semplicità dei giorni di gioventù dei nostri nonni di cui oggi abbiamo perso il valore.
Non solo: assorbe fatti, episodi, luoghi e persone e costituisce una vera e propria “enciclopedia” di saggezza popolare. Per capirne il significato, andiamo a scavare nel dialetto abruzzese, e, più precisamente, nella piccola realtà di un paesino in provincia dell’Aquila, frazione del comune di Cappadocia: Verrecchie. Il paese conserva nel suo repertorio di massime e proverbi l’esperienza e la cultura di contadini, allevatori, abitanti di una quotidianità immersa nella tradizione e nelle radici abruzzesi più convinte. Eccone degli esempi:
Non zò pe’ glj’aseni i combetti e manco la mela rosa pe’ gli porchi
Ciò che è bello e fine non è adatto alle persone volgari
L’acqua revà pe glj’orto
È sempre privilegiato chi ha già il suo
Si fatto cunto a 3 castagne a riccio e non mi si trovato manco na cucchiarella
Agire senza tener conto delle eventuali complicazioni (Fare i conti senza l’oste)
I po’ stà bene la campana aglio porco?
Una bella cosa non rende bello un soggetto brutto
Ecco che si comprende come e perché il dialetto sia considerato patrimonio culturale dell’umanità, in quanto inno alla diversità, al patrimonio culturale di tutti noi, rappresentante delle nostre radici e tradizioni e portatore di perle di saggezza popolare ed esperienza vissuta. Si può essere padroni del proprio presente solo se si possiedono le conoscenze delle proprie radici e la memoria di chi ha vissuto in una realtà più difficile, ma riuscendo con i mezzi più semplici.
Camilla Dionisi
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