A passeggio lungo la Prenestina antica e moderna
Domenica 16 novembre con gli “Amici del Parco” alla scoperta della grande bellezza nel V municipioHa destato grande curiosità tra i numerosi cittadini in uscita da Tor Tre Teste e dintorni, allineati nelle loro auto per andare fuori Roma o per entrare dentro la capitale quell’assembramento di persone fermo all’angolo tra via di Tor Tre Teste e la via Prenestina, intente ad ascoltare dalla squillante voce dell’archeologa Olga Di Cagno un profluvio di notizie e curiosità su quel pezzo di Roma antica e di via Praenestina antica che è racchiuso e nascosto dalla recinzione del cantiere e sul quale si sono potute affacciare o sbirciare da alcuni provvidenziali fori.
La seconda passeggiata con gli “Amici del Parco”, lungo il tracciato della via Francigena e dell’antica via consolare è iniziata puntualmente alle 9, 30 di domenica 16 novembre.
La prima passeggiata c’era stata il 26 ottobre.
Questa volta il viaggio nel tempo e nella Grande Bellezza di Roma periferica è stato brusco, in pochi metri infatti si passa dalla moderna strada, circondata da abitazioni, alla antica consolare che conduceva a Praeneste, l’attuale Palestrina. Oggi la strada moderna si affianca a quella antica, oggetto di uno scavo e nei prossimi mesi di una valorizzazione.
Olga Di Cagno dell’associazione Omnia Urbes ha condotto i partecipanti, coinvolgendoli, in un percorso che in poche centinaia di metri, cronologicamente li ha condotto in un’epoca lontana.
Il tema della passeggiata è stato l’incontro e la convivenza tra due mondi: quello dei vivi e quello dei morti. Ai partecipanti è stata offerta una riproduzione riferibile all’Appia (per dare un’idea di come doveva apparire l’antica Prenestina con una ricostruzione di come dovevano essere costruiti i mausolei lungo la via) ed una foto aerea degli scavi che è servita per collocare spazialmente i resti delle tombe dell’area della Prenestina.
Si tratta di una sepolcreto romano risalente a circa 2000 anni fa, dove sono riemerse ben 144 tombe e 22 mausolei (11 per senso di marca, e quelli più esterni rimarranno semi scavati) a pianta quadrata con decorazioni, allineati lungo il tratto di basolati antichi della Prenestina. Secondo gli archeologi la necropoli potrebbe essere stata costruita tra il I secolo a.C. e gli inizi del II d.C., poiché le sepolture dei corpi sono di diverso genere. Alcuni sono inumati e permettono di reperire degli scheletri con le ossa ancora in connessione, mentre altri sono stati trattati con il metodo dell’incinerazione (la nostra cremazione) e si trovano all’interno di preziose urne funerarie.
Proseguendo sulla via Prenestina il corteo pacifico dei passeggiatori si è affacciato su una cancellata chiusa, quasi all’angolo con via di Tor Sapienza che racchiude resti di tombe emerse anche queste durante gli scavi propedeutici alla realizzazione di un supermercato.
I partecipanti all’escursione, in fila indiana, proseguendo in direzione della Torre Tre Teste hanno potuto sperimentare tutti i disagi di una camminata a piedi lungo la Prenestina moderna (si fa per dire) priva di marciapiedi degni di questo nome, fortemente sconnessa. I romani di un tempo, maestri nel realizzare strade che hanno sfidato i millenni, se potessero vedere lo scadimento delle strade odierne, si rivolterebbero – è il caso di dirlo – nelle loro tombe.
Anche nella zona antistante la torre Tre Teste l’incuria regna sovrana e lo stesso bassorilievo delle “tre teste” incastonato nella Torre è in parte ricoperto di edera, tant’è che, sulla base di quello che ora è visibile, la torre, e il quartiere, dovrebbero chiamarsi più propriamente “due teste” o “due teste e mezzo”.
Quasi di fronte alla Torre si apre via della Tenuta della Mistica il cui ingresso si è presentato ai visitatori con la vista di un laghetto che si forma ad ogni acquazzone. E davvero non si capisce come tutte le ditte e attività che si affacciano ed usano quotidianamente questa strada non si accordino per darle un aspetto più sicuro e decente, anche per i pedoni. Il municipio può fare qualcosa?
Traghettato il lago i passeggiatori, dopo aver incrociato la Prenestina bis (che si sta realizzando con tempi biblici e sulla quale sono rispuntate le canne ed erbacce di ogni tipo e anche una minidiscarica) hanno finalmente potuto ammirare le attrazioni del Parco Tutti Insieme (minigolf e biolago
con dinosauri) dove la Nazionale Cantanti li ha accolti con un piacevole ristoro, la Fattoria sociale della Cooperativa Capodarco e le strutture dell’Associazione Capitano Ultimo, nei cui pressi hanno potuto ammirare i resti dei un’altra antica torre quella denominata Muraccio di Rischiaro.
Proseguiremo – hanno affermato il presidente Luciani e il vice presidente Pino Liberotti – nella nostra azione di promozione, di conoscenza e di valorizzazione delle grandi bellezze del territorio del V municipio, con altre passeggiate e con altre interessanti proposte. Ai cittadini dei nostri quartieri chiediamo solo di vincere la pigrizia e di mettersi in strada con noi alla ricerca delle meraviglie del nostro territorio”.
Per chi non ha partecipato alla passeggiata forniamo infine questa piccola nota dell’archeologa Olga Di Cagno dell’associazione Omnia Urbes su un tema che è stato trattato nel corso della passeggiata.
Funerali nell’antica Roma
L’ultimo alito di vita del moribondo era raccolto dal pater familias, colui che rappresentava la forza, la vita, il presente ed il passato della famiglia, con un bacio sulla bocca. Il defunto, riceveva, a seconda della classe sociale alla quale apparteneva, una serie di atti pietosi (la pietas riguardava anche il rispetto per i defunti), preparatori del rito, vero e proprio, del funerale, che durava diversi giorni. Il cadavere lavato, unto con unguenti, sottoposto ad una specie d’imbalsamazione provvisoria e vestito con una toga (se cittadino) o con la praetexa (se magistrato) veniva così esposto al pubblico, deposto sul lectus funebris e circondato da candelabri, per un periodo di tempo che variava dalla condizione sociale del defunto: la povera gente veniva seppellita anche il giorno stesso, mentre gli imperatori potevano rimanere “in vista” anche per una settimana. In quest’arco di tempo le donne di famiglia, ad intervalli più o meno regolari, piangevano e si lamentavano davanti alla salma, strappandosi le vesti e i capelli, graffiandosi e percotendosi il petto. In seguito, il cadavere veniva o cremato o seppellito. La famiglia del defunto si riuniva in un luogo adiacente per effettuare il banchetto purificatore per coloro che erano stati a contatto con il defunto, e trascorsi nove giorni, veniva celebrata la commemorazione (novendiales), e in questa occasione si allestiva un nuovo banchetto.Poiché la cremazione era la scelta prevalente, v’era l’uso di raccogliere le ceneri in un’urna funeraria e deporle in una nicchia ricavata in una tomba collettiva chiamata columbarium (colombaia). Durante questi nove giorni, la casa era considerata contaminata (funesta), e veniva ornata di rami di cipresso o tasso perché ne fossero avvertiti i passanti. Alla fine del periodo, veniva spazzata e lavata nel tentativo di purificarla del fantasma del defunto.
Galleria di foto di Rita Bastoni e Marco Campisano
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