Addio a Bruno Pizzul, la voce che ha raccontato le emozioni dell’Italia

È stato uno dei più noti telecronisti sportivi: aveva 86 anni

Un timbro inconfondibile, uno stile misurato, elegante, eppure capace di trasmettere emozioni profonde. Bruno Pizzul, storico telecronista della Nazionale italiana di calcio, si è spento all’età di 86 anni.

La notizia è stata confermata dall’ospedale di Gorizia, dove era ricoverato. Con lui se ne va non solo una voce, ma un pezzo della storia sportiva e televisiva italiana.

Un’icona della telecronaca

Pizzul aveva ereditato il microfono di Nando Martellini, colui che nel 1982 aveva scandito il trionfo dell’Italia ai Mondiali di Spagna con il celebre Campioni del mondo! Campioni del mondo! Campioni del mondo!.

Eppure, nonostante il peso dell’eredità, riuscì a creare un registro nuovo, moderno e inconfondibile, che lo avrebbe reso una leggenda della telecronaca.

Divenne la voce ufficiale della Nazionale italiana a partire dal Mondiale del 1986, raccontando le avventure azzurre attraverso decenni di gioie e dolori. Ma fu nel 1990, durante i Mondiali disputati in casa, che la sua voce divenne il simbolo di un’intera generazione.

Le sue parole accompagnarono l’epopea delle “Notti Magiche”, quell’avventura interrotta in semifinale dall’Argentina di Maradona, lasciando un segno indelebile nell’immaginario collettivo.

Il testimone delle notti azzurre

Per anni, ogni volta che l’Italia scendeva in campo, la sua voce era una costante. Mondiali 1994, 1998, 2002, con l’ultima telecronaca ufficiale il 21 agosto 2002, durante un’amichevole contro la Slovenia a Trieste. Da lì in poi, Pizzul lasciò il posto ai nuovi telecronisti, ma non si allontanò mai dal mondo del calcio.

Fu opinionista, ospite fisso nelle trasmissioni più seguite, da Quelli che il calcio a La Domenica Sportiva, fino a collaborazioni più recenti con DAZN, dove, con la solita lucidità e garbo, commentava il calcio di oggi senza mai perdere il contatto con la sua storia.

Un uomo di cultura e sport

Nato a Udine, Pizzul non fu solo un narratore di calcio, ma anche un uomo di sport nel senso più ampio del termine. Prima di imbracciare il microfono, aveva inseguito il sogno del pallone come calciatore, prima di intraprendere una strada diversa, laureandosi in Giurisprudenza e approdando in Rai nel 1969 come radiocronista.

La sua carriera lo portò a commentare non solo il calcio, ma anche altre discipline come la boxe e il canottaggio. Ma tra tutte le partite raccontate, ce n’è una che rimase impressa come una ferita: la tragica finale di Coppa dei Campioni del 1985 tra Juventus e Liverpool, segnata dal disastro dell’Heysel, quando 39 tifosi persero la vita a Bruxelles.

Un’eco che resterà per sempre

Bruno Pizzul non era solo un cronista, era la voce del calcio, capace di avvolgere ogni partita con un’aura di solennità e passione. Il suo stile mai sopra le righe, il suo modo pacato e coinvolgente di raccontare le azioni, la sua capacità di trovare le parole giuste nel momento giusto, lo hanno reso un’icona senza tempo.

Oggi l’Italia lo saluta con riconoscenza, sapendo che quelle sue telecronache resteranno per sempre negli archivi della memoria collettiva. Perché certi narratori non si limitano a raccontare il calcio: lo rendono eterno.


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