My Old Lady, un incontro perfetto tra ironia e romanticismo
Israel Horovitz debutta alla regia cinematrografica con una commedia del tutto particolare tra 'inglese' e 'francese'Non è mai troppo tardi per scoprire di poter essere felici. Ritrovarsi in piena terza età o addirittura alla fine della propria esperienza, a fare finalmente i conti con i problemi di una vita, con la sofferenza che ha segnato indistintamente, anche se in modi diversi,delle esistenze ormai non più floride. Per Mathias Gold (Kevin Kline) sarà Parigi, di nuovo dopo la divertente commedia “French Kiss”, e la sua bizzarra pratica del “viager” a costringerlo ad affrontare se stesso e il proprio passato.
In Francia infatti vi è una legge che consente la pratica contrattuale secondo cui si compra un immobile oggi ma se ne entrerà effettivamente in possesso alla morte del vecchio proprietario che al momento dell’acquisto continua ad usufruirne percependo un affitto mensile dal proprietario entrante, per tutta la sua vita. Pratica paradossale che, come viene ben spiegato all’incredulo sventurato, si basa su ciò che riserva il beffardo destino: un acquisto che si attua solo con una morte.
Così Mathias, sessantenne newyorkese, pieno di rancore verso un padre assente, senza più una sua famiglia,senza una casa e strozzato dai debiti, ignaro di tali pratiche immobiliari, decide di giocarsi la sua ultima carta vincente: arrivare in Francia, vendere quella che si rivela una villa nel centro della capitale, lasciatagli in eredità dallo stesso padre, e ripartire, riprendere in mano la sua vita, con il facile guadagno.
Un’eredità che poi tanto facile non è, proprio a causa del “viager” e di un’eterna bugiarda, scaltra ma tanto romantica quanto cinicamente inglese novantaduenne (la suprema Maggie Smith), amorevolmente accudita dalla figlia, la cinquantenne nevrotica e restia alla felicità, Kristin Scott Thomas (mai attrice più azzeccata).
Un’eredità che si rivela un ulteriore debito di 2400€ mensili verso le donne, ma anche l’occasione, attesa da una vita, di trovare risposte: inaspettate, sconvolgenti ma finalmente vere, a quelle domande e a quei tormenti sempre presenti fin dall’infanzia di Mathias e non solo, sfociate in mute richieste d’aiuto ed evidenti problemi con l’alcol.
Mantenendo la sua originaria natura teatrale, Israel Horovitz debutta nella regia cinematrografica con una commedia del tutto particolare: tipicamente inglese in superficie, con la classica, pungente ironia ‘british’; introspettiva, intrecciata, psicanalitica e romantica come Parigi e la tradizione francese suggeriscono.
Tre personaggi, tre vite, tre storie che si intrecciano, facendo emergere in superficie verità sempre taciute, drammi irrisolti, personalità ignote e altre perdonate, un rapporto con il genitore da cui non si può scappare, ma soprattutto la scoperta che non si è mai soli, che c’è qualcuno che può comprendere la propria sofferenza, anche dall’altra parte del mondo, e il segreto è proprio quello di affrontarla insieme.
Il tutto, dentro le quattro mura e le mille stanze della villa francese, per esaltare le superbe capacità teatrali degli attori, sullo sfondo di una “ville lumière”, garanzia di malinconico romanticismo: la formula chiave che fa muovere tutti i meccanismi umani della pièce.
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