Un film da non perdere: “C’è ancora domani”
Paola Cortellesi è le donne di cui nessuno parla“Irgendwann fällt jede Mauer” (“Prima o poi ogni muro cade”)
Delia: “Ma se po’ sape’ perché questo al primo giorno pija più de me?! – Voce off: “Quello è omo, no?!” (dal film “C’è Ancora Domani”, di Paola Cortellesi, Italia, 2023).
Se vi piace il genere (e la Storia) avrete certamente visto “Una giornata particolare”, il film del 1977, di Ettore Scola, con Sophia Loren e Marcello Mastroianni. Bene. A me il film “C’è Ancora Domani” – prima regia di Paola Cortellesi (sceneggiatura della stessa Cortellesi, di Furio Andreotti e Giulia Calenda) in questi giorni nelle Sale italiane con 5,6 milioni di Euro d’incasso al botteghino in 15 giorni di programmazione – me lo ha ricordato.
Nel film di Scola – sullo sfondo della visita romana di Adolf Hitler nel 1938 e dei palazzi a raggiera, costruiti a Roma, negli anni trenta in diversi quartieri periferici della città – (il Film venne girato, dal 13 Dicembre 1976 al 18 Febbraio 1977, in uno dei “Palazzi Federici” di Viale XXI Aprile, Piazza Bologna, enorme blocco residenziale con 26 Scale e 650 appartamento nato appunto negli anni ’30, su progetto dell’Architetto Mario De Renzi) – si raccontano due vite che, in quella giornata storica e in quel palazzone popolare, s’incontrano e s’intrecciano: quella di Gabriele (Mastroianni) annunciatore EIAR licenziato perché “finocchio”, leggi omosessuale) e quella di Antonietta (Sophia Loren) classica “donna fascista” madre di una caterva di figli (generati per la Patria) e moglie sottomessa di un uomo, fascista e manesco, che la tratta peggio di una serva. La storia di Antonietta è quella della donna che ha sempre fatto ciò che, negli anni dell’Era Fascista, dalle donne ci si attendeva (meglio, si pretendeva e ordinava) – obbedire al marito (e al duce), fare figli, accudire la casa e soprattutto tacere.
Bene, Delia, la protagonista del film della Cortellesi, è un po’ l’Antonietta di Scola, una donna ordinaria come tante in quel tempo (ma anche oggi) con una piccola differenza: lei non vivrà nessuna “giornata particolare” e non avrà nessun incontro particolare, come era successo ad Antonietta, ma vivrà una vita “normale”, costellata di umiliazioni e vessazioni quotidiane. Ciò nonostante, quando ci sarà da tirare fuori gli “artigli”, per difendere la figlia maggiore Marcella (che sempre l’accusa di essere troppo remissiva e sottomessa) dalla relazione pericolosa con il figlio del padrone del bar del paese – relazione giudicata da tutti positiva e di cui solo Delia vede i pericoli per la figlia, ovvero quelli di riprodurre la sua situazione familiare.
Delia sarà pronta, lotterà e riuscirà nell’impresa di “salvare” la figlia che per altro non saprà mai a chi deve quel salvataggio in extremis, mentre continua a pensare di avere una madre troppo servile e silenziosa. Come scrive Ezia Marcora, Vicedirettrice del Sito Web “Questione Giustizia”, nonché GIP e GUP del Tribunale di Milano, nella sua recensione del film della Cortellesi :
- “Delia è una donna ordinaria che tiene la sua casa – un sottoscala – pulita e in ordine, prepara i pasti al marito Ivano e ai tre figli (due ragazzi e una figlia adolescente), accudisce il suocero, Sor Ottorino, allettato, e tutti i giorni cerca di guadagnare qualche soldo in più per aiutare economicamente la sua famiglia, rammendando biancheria femminile, aggiustando ombrelli, lavando lenzuola e facendo punture a domicilio, ricevendo un compenso inferiore a quello che le verrebbe dato se fosse un uomo. Il suocero la considera una brava nuora, anche se ha il difetto di rispondere, in una epoca in cui le donne devono stare zitte a qualunque estrazione sociale appartengano. Un contesto familiare in cui Ivano trova normale umiliarla e riempirla di botte per quelle che ritiene essere sue mancanze e incapacità, e viene invitato dal padre a non “menarla” di continuo, perché i lamenti giornalieri della donna sono fastidiosi, ma a riempirla di botte una volta al mese in modo forte, così da educarla come lui ha fatto con la madre («Non glie poi menà sempre, sennò s’abitua! Una, ma forte!») – https://www.questionegiustizia.it/articolo/recensione-a-c-e-ancora-domani
È vero che il nostro Paese deve molto a donne importanti che hanno fatto la Storia di questa nostra Italia, penso alle donne Partigiane di cui racconta Benedetta Tobagi nel suo ultimo lavoro (“La Resistenza delle Donne”, Einaudi, 2023) donne che ancora prima aveva raccontato Liliana Cavani in un Documentario del 1965 (“La Donna nella Resistenza”), girato per la RAI e penso alle 21 Madri Costituenti che molto hanno fatto per regalarci la nostra Costituzione. Ma molto del nostro passato e del nostro presente lo dobbiamo anche alle tante donne ordinarie come Antonietta e Delia che ci hanno spianato la strada della libertà e dell’autonomia di pensiero e di azione, magari senza apparire sulla scena pubblica, ma comunque sempre alla luce – certo per molte inconsapevole, ma vivida – della solidarietà, un quid che unisce tutte le donne, indipendentemente dalla loro condizione sociale. E lo hanno fatto con gesti semplici: resistere al fascismo e all’occupazione, anche senza prendere le armi, ma opponendosi in silenzio e salvando molte vite in pericolo; mettersi in fila per votare – in un milione più degli uomini – e regalarci così la Repubblica (“Stringete le schede come fossero biglietti d’amore”, dirà un personaggio di “C’è Ancora Domani”) e ancora in tanti altri modi che spesso le cronache non hanno raccontano. (*)
Dunque, andiamo a vedere questo “C’è ancora domani”, di Paola Cortellesi, perché è un film che ci riguarda tutti, perché è un film che parla di ieri per raccontarci anche l’oggi. Andiamo a vederlo per continuare a riflettere su quanto dobbiamo alle donne, a quelle che lottano alzando la propria voce e a quelle che, invece, lo fanno in silenzio, tutti i santi giorni della loro vita ordinaria. E anche pensando a quanto perdiamo, come comunità di esseri umani cogenti, ogni volta che una donna ci viene portata via, da un femminicidio.
Nota: mentre scrivo queste righe il contatore dei femminicidi è arrivato a quota 100 (dato riferito al 25 Ottobre 2023).
(*) Per rimanere nel mondo del Cinema e a proposito delle donne resistenti, ricordo qui la scena del film di Nanni Loy, “Le Quattro Giornate di Napoli” (1962) in cui un gruppo di donne è fermo davanti ad un camion su cui i tedeschi stanno caricando gli uomini rastrellati e improvvisamente le donne, prima immobili, cominciano lentamente ad avanzare compatte verso i tedeschi, che arretrano e alla fine si avventano sul camion, aprono, a forza, la sponda dell’automezzo e si riprendono così i loro uomini destinati alla deportazione e alla morte, salvando le loro vite.
Ugo Fanti, Presidente della Sezione Anpi di Roma Aurelio-Cavalleggeri “Galliano Tabarini”