“Mi Chiamo Francesco Totti”
Il documentario firmato Alex Infascelli sul Capitano dell’AS Roma ora su Amazon Prime e Now TVAndare oltre ciò che già si conosce, oltre il già visto e il facilmente rivedibile tra spezzoni di carriera, prodezze in campo, interviste e ricordi ampiamente scritti e verbalmente raccontati. Dare una forma cinematografica al fenomeno più para-televisivo possibile ovvero quello del Calcio non giocato tra amici, ma visto allo Stadio o su una pay per view, raccontato dalle emittenze radiofoniche e sublimato dalla coscienza collettiva dei tifosi. Il compito è difficile, anzi no, difficilissimo.
Perché quando parli di Francesco Totti parli di un simbolo, di una figura a momenti cristologica, che si porta dietro umori, gioie, passioni e anche tabù dell’immaginario popolare. Un fenomeno che ha cannibalizzato a un certo punto della carriera la stessa realtà di cui faceva parte e che l’ha innalzato a qualcosa di più dell’idolo e dell’atleta. Il giocatore supera la società per cui gioca, in un rapporto asimmetrico ancora vigente a tre anni dagli scarpini al chiodo. E allora sarebbe giunto il momento di capire davvero ciò che è stato, con la lente asettica della Storia.
E in questo Alex Infascelli, colui che colorava dei pantoni mentali la Bologna del DAMS scritta da Carlo Lucarelli (Almost Blue) in un thiller anomalo per il panorama italiano, ci riesce a metà. Ci riesce esattamente fin quando la personalità di Totti, che si racconta con voce off, non viene fuori in tutta la sua autorevolezza, supera il ragazzo, l’umano e la tenerezza degli esordi per diventare il Capitano ingiudicabile e Deus Ex Machina. Dei primi anni di vita vediamo la famiglia, le vacanze al mare, le partite con la Lodigiani… esattamente ciò che ci si aspetterebbe da un film che indaghi l’essenza di un fenomeno o sulle contraddizioni di un’Era della Storia calcistica in cui i calciatori non rimanevano più tali, bensì diventavano delle vere multinazionali, circondati di persone che gli facevano le veci. E lì Alex Infascelli si ferma, si lascia intimidire dall’autorevolezza del personaggio, mai un passaggio sgradito che non sia già concordato con l’oggetto del film.
In cui ci sono mancanze oggettive incredibili, che probabilmente lo stesso Totti ingenuamente sottovaluta della sua carriera: se si parla giustamente (forse la parte migliore della pellicola) dell’esordio in Nazionale Under 21 con il goal a Wembley e i footage amatoriali del fratello operatore, non si può tralasciare l’Europeo di Belgio e Olanda 2000 che di fatto hanno rappresentato l’ascesa di Totti nel panorama mondiale. Lui ama raccontare di continuo dei goal all’Inter nel 2006 o alla Sampdoria l’anno successivo, ma tralascia quello pazzesco (molto più difficile e impressionante) contro il Torino nel gennaio 2002, tutto finte e controfinte fino a spiazzare il portiere e appoggiare in porta con gli applausi di Capello, e soprattutto il pallonetto da fermo a Empoli nel 2003 fatto con un movimento di anca quasi innaturale e che dovrebbe essere annoverato come uno dei goal più belli della Storia del Calcio.
L’impressione è proprio quella che neanche il bravo Infascelli abbia la forza di contrastare ciò che il Capitano vuole a tutti i costi ribadire: la grandezza di un ragazzo del popolo, diventato giovane Uomo ambito in tutto il mondo e che ha rinunciato al riconoscimento internazionale assoluto (dato per scontato) per rimanere con la sua gente innalzando una statua di sé più grande non solo della Roma ma anche a momenti di Roma stessa.
Non risparmia la querelle pre-addio con Spalletti di cui sappiamo tutto e il suo contrario fino alla noia… tiene nell’ombra (ad eccezione del rapporto con il preparatore onnipresente Vito Scala, che è uno dei momenti più emozionanti e sinceramente spontanei) ciò che poco illuminato è sempre stato e che ci interesserebbe sapere: ad esempio uno come Totti quanti curatori d’immagine ha avuto e ancora ha per le sue uscite pubbliche? Oppure la genesi e i motivi del successo editoriale del libro delle barzellette che lo ha reso in tutto e per tutto personaggio dello showbiz’ nazionale. I rapporti con Costanzo, con Walter Veltroni e altri consiglieri.
Nel 2013 uscì un documentario strepitoso dal titolo FC Barcelona Confidential, che mostrava come dietro alla squadra più forte del globo (che solo 10 anni prima navigava in bruttissime acque per poi diventare a fine decennio l’immagine stressa di un Calcio gioioso in grado di unire radici sudamericane e olandesi nell’assetto tattico e mentale) ci fosse tutto un universo di uffici e apparati burocratici che rappresentavano la base del fenomeno. Cunicoli che non vediamo sul set scintillante di uno schermo televisivo e dentro i quali il Cinema (soprattutto documentario) avrebbe il dovere ontologico di infilarsi.
Per raccontare ciò che è stato davvero Francesco Totti forse è ancora troppo presto. Magari con un nome in cabina di regia in grado davvero di tenere testa ad una statua d’oro che anche dal basso della sua semplicità continua a intimidire.
Valerio Principessa