

Il grande Maestro Leonardo Da Vinci sognava un’epoca in cui “gli animali saranno trattati con la stessa dignità delle persone”; parole che risuonano con particolare tristezza considerando che ancora oggi, in un’epoca di modernismo applicato a tutte le sfere dell’umano vivere, della libertà a tutti i costi, dell’illuminata accettazione del diverso ma uguale, ancora tanto si deve fare per la tutela della dignità degli animali non umani.
Ancora di recente, nel 2010 la morte di un animale di affezione veniva considerato non configurabile come lesione di un diritto inviolabile della persona, e pertanto non ammissibile il risarcimento del danno non patrimoniale.
Nello stesso arco temporale negli USA (CSTEXAS) nei primi anni 2000 si apriva uno spiraglio che riconosceva nel caso di un cane addestrato e di servizio, la perdita del legame affettivo valutandone la gravità e concludendo per la risarcibilità del danno a questa conseguente.
Lasciando da parte ogni critica circa la definizione stessa di “animale di affezione” per cui un maiale, pur abituato in un contesto familiare e cittadino (tanto da essere portato in giro al guinzaglio) non rientra nella categoria, come pure un alce amorevolmente salvato e custodito….si nota che ancora oggi la perdita per negligenza veterinaria di un animale viene analizzata come mera perdita economica di un oggetto/merce, per cui un tribunale non riconosce danno alcuno nella morte di un cucciolo meticcio nato a casa, essendo questo considerato avere valore economico nullo, diversamente da quanto accade per un animale con prestigioso pedigree.
In ciò comunque, un passo in avanti rispetto alla pur civile America, in cui il pedigree non contribuisce a determinare alcuna differenza di trattamento economico in sede di quantificazione del danno subito.
Ma è il danno NON patrimoniale a dover essere rivisto: la giurisprudenza infatti si basa su una visione antropocentrica per cui si avrebbe diritto al risarcimento del danno non patrimoniale solo se una lesione di un interesse legittimo della persona umana alla conservazione della propria sfera di integrità affettiva è dimostrata, essendo solo questa protetta dalla Costituzione italiana.
Questo modo di determinare il danno deriva dalla premessa che l’animale per la legge è un oggetto.
Si propone qui una pur superficiale osservazione delle legislazioni dei paesi, tra i quali spicca la legislazione spagnola che con legge dal 5 gennaio 2022 riconosce gli animali domestici come esseri viventi, senzienti. Non semplici oggetti.
Nei casi osservati di negligenza veterinaria in Spagna, il risarcimento tiene conto anche del trauma e sofferenza psichica sofferto dai proprietari che abbiano dovuto assistere alla morte del proprio animale o anche assistere impotenti all’inutile sofferenza subita dall’animale a seguito di terapie errate o inutili.
La Svizzera va oltre, avendo emendato la costituzone (1992) con la previsione della protezione della dignità delle creature e poi la modifica del codice obbligazioni svizzero che porta al pieno riconoscimento legislativo dell “emotional value” o valore del legame affettivo-in maniera più forte, ma parallela alla neoformatasi dottrina italiana.
La Danimarca appare l’avanguardia nel settore: più dei tribunali qui possono determinare un cambiamento le Commissioni danesi che sovraintendono all’analisi e giudizio dell’operato dei veterinari. Il lavoro operato da questa commissione e’ talmente serio, e considerato con talmente grande rispetto dalla società danese, che lo stigma determinato da una sua semplice ‘censura’ viene sentito come cosi grave ed invalidante da portare alcuni veterinari a forme di depressione e pensieri suicidatari.
È evidente come poco spazio ci sia per ignavia e permissività qui in Danimarca: ed è questo rigore, che viene esercitato con forme decise di censura e sospensioni di attività, che provoca la profonda riflessione e rinnovata formazione dei veterinari professionisti interessati.
Questo è un elemento innovativo che va ben oltre al mero risarcimento del danno NON patrimoniale.
Grazie alla pionieristica attività di alcuni avvocati, sostenuti da un opinione pubblica sempre più sensibile al tema, in Italia si è aperto un promettente varco nella considerazione dell’importanza della soggettività dell’animale, con sentenze favorevoli alla considerazione di un danno oltre quello puramente economico e merceologico di rimpiazzo dell’animale perduto, fino al riconoscimento del danno non patrimoniale in capo non al solo proprietario, ma anche alle persone a questi legate 17/12/2020 n. 1936.
Ma le denunce ed azioni legali contro la malasanità veterinaria sono ancora troppo poco numerose e limitate per poter fornire un quadro univoco, consistente e definitivo. E comunque non possono essere risolutive di un problema sempre più comune ed allarmante.
Si propone quindi l’istituzione di un organo di analisi e mediazione obbligatoria, costituito da esperti e legali, che intervenga ogni qualvolta si sia verificata una morte non attesa o non chiara di un animale. Non solo in questo modo si andrebbe ad alleggerire il carico sulle strutture giudiziarie già appesantite, ma l’attivita’ legale sarebbe diretta, oltre al mero riconoscimento del danno, patrimoniale e NON, alla diminuzione della causa stessa; portare il veterinario negligente a ripensare le proprie azioni, alla riflessione sul danno provocato, alla necessita’ di nuova e migliore formazione, tramite provvedimenti seri di censura e sospensione vera dall’attività svolta.
Per il benessere di tutti, animali ed umani: entrambi portatori di diritti ed interessi, entrambi degni di essere considerati soggetti.
In memoriam Hermes.
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