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Un film del 2023, diretto da Walter Veltroni, tratto dal suo omonimo romanzo (2017), interpretato da Neri Marcorè e Valeria Solarino
Quando, Film del 2023, diretto da Walter Veltroni, tratto dal suo omonimo romanzo (2017), interpretato da Neri Marcorè e Valeria Solarino, l’ho visto martedì 7 novembre 2023, nella sala del cinema Caravaggio, in via Giovanni Paisiello, 24/I, Roma, insieme agli amici del Cinecircolo romano. La visione è stata preceduta da una breve presentazione da parte dello stesso regista Walter Veltroni.
Un accenno di trama: nel 1984, al funerale di Enrico Berlinguer, il giovanissimo militante Giovanni ha un incidente e finisce in coma; si risveglia dopo 31 anni, nel 2015, in un mondo totalmente cambiato, nel quale non ci sono più nè il grande partito in cui ha militato e si è formato politicamente e sentimentalmente, né l’Unione Sovietica e il muro di Berlino, e neanche i suoi idoli cantautori dei quali ha cantato le canzoni (Dalla, Battisti, De André, Pino Daniele); un mondo nel quale la tecnologia digitale e i social hanno profondamente mutato i rapporti tra le persone e la formazione dei ragazzi e dei giovani.
Anche a livello personale Giovanni deve registrare molti dolorosi cambiamenti: la madre affetta da una malattia irreversibile e che non sembra riconoscerlo più; l’ex fidanzata, Flavia, che alcuni anni dopo l’incidente di Giovanni, si è sposata con Tommaso (amico fraterno di Giovanni), con il quale ha cresciuto una figlia, Francesca, il cui padre naturale è lo stesso Giovanni.
E, nel frattempo, Giovanni è seguito, prima e dopo il suo “risveglio”, quasi come fosse un figlio, da una giovane suora, Giulia, molto avvenente e amorevole, che non lo perde di vista e che lo aiuta nel difficile processo di adattamento ad una realtà nella quale l’ormai cinquantenne Giovanni fa fatica ad adattarsi, e a comprenderne i meccanismi e gli strumenti e le forme che regolano o condizionano i rapporti familiari e sociali.
Il film di Veltroni, in continuità con la decina dei suoi precedenti film e documentari, mira a mettere in evidenza soprattutto gli aspetti emotivi e sentimentali di questo difficile processo di apprendimento che, non a caso, si conclude con Giovanni che si presenta all’esame di maturità nel suo liceo, quell’esame di maturità che non aveva potuto sostenere a causa del grave incidente nel giugno 1984. Nonostante alcuni passaggi in cui la narrazione rischia di inciampare in un eccesso di retorica “sentimentalistica” e in un ingenuo “ecumenismo” (come nel forse troppo lungo discorso che Giovanni rivolge alla Commissione d’esame), il film riesce a catturare l’attenzione degli spettatori e a commuoverli, anche grazie ad una forte dose d’ironia profusa a piene mani dagli sceneggiatori negli sguardi, nei dialoghi, in alcuni momenti tra i i più felici della vicenda (come ad esempio la conversazione all’interno del ristorante “stellato” tra uno stupefatto Giovanni e un simpatico cameriere interpretato da uno Stefano Fresi in ottima forma “attoriale”).
Ma oltre al dramma umano e personale e familiare di un uomo che, dopo ben 31 anni di coma, si risveglia all’improvviso in un “altro mondo”, non poteva non emergere (anche se in maniera discreta e quasi per brevi accenni e allusioni) l’aspetto politico che costituisce il fondale della storia: cioè la morte di una formazione politica (il PCI) che, seppure dopo alcuni anni, ha fatto seguito alla scomparsa del suo carismatico leader Enrico Berlinguer. Una morte o auto-estinzione, quella del partito comunista italiano, che ha lasciato “orfani” centinaia di migliaia di militanti i quali, a distanza di più di trent’anni dall’evento, ancora sono alle prese con la tormentata e spesso dolorosa elaborazione del “lutto”. Ne ho avuto personale dimostrazione il giorno dopo la visione del film di Veltroni, cioè ieri, durante una fase di lavorazione (alla quale ho anch’io partecipato come figurante, e che è stata caratterizzata da una commozione collettiva) di un film il cui titolo provvisorio è “La grande ambizione”, un film dedicato all’ultima fase della vita di Enrico Berlinguer, interpretato da Elio Germano.
In conclusione, mi sembra che quest’ultimo film di Veltroni, sebbene con alcune imperfezioni, grazie al messaggio universalistico e solidaristico che la sostiene, sia tuttavia un’opera abbastanza riuscita, in grado di suscitare nello spettatore quell’onda emotiva di empatica partecipazione e di godimento estetico che si richiedono come prioritarie condizioni del buon cinema.
Per finire, una menzione particolare per la bravissima Valeria Solarino (suor Giulia) che ha ormai raggiunto l’apice delle sue notevoli capacità interpretative.

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